domenica 27 dicembre 2015

Orione 1943


Roberto Serra è un fisiologo, un professore universitario in pensione, ma è anche l'ultimo pilota vivente dei leggendari Siluri a Lenta Corsa, gli SLC meglio noti come "maiali", i siluri esplosivi che erano condotti dal pilota fin sotto l'obiettivo da colpire. Classe 1922, durante la seconda guerra mondiale era soldato della Regia Marina, assegnato alla Decima Flottiglia MAS, era di stanza a La Spezia quando l'8 settembre 1943 fu reso noto l'armistizio, da allora cominciarono per lui 20 mesi di militanza nella Repubblica Sociale Italiana, agli ordini del Comandante Junio Valerio Borghese che si era rifiutato di accettare l'onta dell'armistizio decidendo di continuare autonomamente la guerra contro gli anglo-americani con i propri uomini. L'esperienza di quegli anni è condensata nelle oltre quattrocento pagine del libro "Orione 1943. L'ultima missione della Decima Flottiglia Mas", una cronaca dettagliata e appassionata degli avvenimenti vissuti in guerra nelle basi navali del nord Italia, tra La Spezia e Genova, da Arona a Portofino, fino a Salò. Emergono con chiarezza gli aspetti tecnici, i dettagli militari, gli aspetti umani della vicenda, ma anche lo slancio ideale, il senso del dovere e dell'onore e l'altissima caratura morale di una generazione di italiani che, con coraggio e lucidità, compì una scelta di campo e di vita.

Primo protagonista delle vicende narrate è il sentimento di amicizia e cameratismo che lega i giovani uomini della squadriglia Orione, da cui il romanzo trae il titolo, che conservano insieme la memoria delle gesta del recente passato bellico e che affrontano insieme le rischiose missioni nelle quali sono coinvolti. Un gruppo di giovani che, senza retorica, affronta la guerra con alto senso dell'onore rispetto per l'avversario, animato da un incondizionato amor di patria. Numerose sono poi le digressioni in cui si raccontano le imprese gloriose degli eroi della Decima, autentica leggenda italiana del secondo conflitto mondiale. Il testo, di 436 pagine, è stato pubblicato nel 2014 dalla Artestampa Edizioni. 

mercoledì 9 dicembre 2015

L'UNUCI si candida a divenire Forza di Cultura


L'esigenza della tutela del patrimonio culturale nel contesto dei conflitti armati da sempre ha preoccupato gli Stati ed esempio ne sono le numerose regolamentazioni storiche, tra cui quelle dei diritti dell'Aja e di Ginevra, già sviluppati alla fine del XIX secolo. La volontà di regolare questa materia è poi continuata con la Convenzione del 1954 e con i due Protocolli ad essa associati, non fermandosi e giungendo sino ad oggi con la promozione, da parte del Ministero della Difesa, del progetto "Caschi blu della cultura". La volontà alla quale si assiste è dunque la stessa dei secoli passati: tutelare il patrimonio artistico-culturale e, per consentire ciò, tendere sempre più alla formazione ultraspecialistica di militari idonei ad essere impiegati nella tutela e conservazione dei beni culturali nei conflitti armati.

In questo contesto potrebbe trovare applicazione l'Unione Nazionale degli Ufficiali in Congedo d'Italia: una nutrita associazione, oggi di diritto privata ma sino al 2013 dotata di natura pubblica, composta quasi interamente da militari, prevalentemente in congedo ma comunque reimpiegabili, che nel corso degli anni da "civili" si sono perfezionati nel loro campo (avvocati, ingegneri, architetti, medici, ecc.) maturando anche significative esperienze che rappresentano alte risorse che sarebbe irragionevole non sfruttare.
Nel quadro della contingente crisi economica e della sempre minor attenzione alle spese nel settore della Difesa, la creazione di una Cultural Special Force formata da quei militari dell'UNUCI che intenderebbero aderirvi sarebbe senza dubbio, almeno a parere dello scrivente, ottimale: significherebbe sfruttare al meglio le competenze di soggetti che, con l'onore dell'utilizzo della propria uniforme, sarebbero impiegati come volontari (quindi a costi più che contenuti) e senza la necessità di creare un Corpo Militare autonomo essendo comunque, ogni socio, inquadrato in uno specifico contesto (commissariato, fanteria, cavalleria, genio, ecc.).

La stessa Associazione, tra i propri fini, comprende la promozione dei valori di difesa e sicurezza della Patria - e certamente la tutela del patrimonio storico-culturale rientra pienamente nell'assett della Difesa - rafforzando i vincoli di solidarietà tra il mondo militare e la società civile, non solo, si impegna anche nel fornire il proprio apporto negli interventi di difesa e protezione civile, e promuove l'elevazione e la qualificazione culturale e professionale, nonché la formazione continua superiore dei propri membri, che potrebbero dunque essere destinatari di corsi specialistici organizzati dalle varie strutture capillari dell'UNUCI Un quadro statutario che quindi non avrebbe nulla di ostativo - anzi sembra quasi contenga un'impulso - verso la creazione di un'equipe di civili volontari, con chiare ed affermate competenze in campo militare, volto alla tutela del nostro patrimonio artistico e culturale. Una sorta di Croce Rossa dei Beni Culturali che quindi, anziché avere una dedizione di Corpo sanitario rivolto agli umani, la avrebbe con riferimento alle tracce storiche della nostra civiltà. Una tutela che non dovrà fermarsi alle condizioni di conflitto armato ma che dovrà estendersi anche ai casi di pericolo o calamità (si pensi alle necessità che si potrebbero avere nell'antisciacallaggio).

La creazione di questa C.S.F.- UNUCI non solo rappresenterebbe un quid pluris per il nostro Paese ma ci farebbe essere pionieri alla luce del mondo di una Forza specializzata e volontaria che mira alla conservazione delle nostre radici storiche. Non possiamo dunque che auspicare ad un contatto tra il Ministero della Difesa e la Presidenza Nazionale dell'Unione Nazionale degli Ufficiali in Congedo d'Italia per procedere in tal senso.

Nicolò Giordana

tratto da www.difesaonline.it