Vittorio Amedeo II di Savoia
Vittorio Amedeo II, Duca di Savoia dal
1675, ottenne il titolo di Re di Sicilia dopo una lunga trattativa con gli
emissari di Filippo V, il quale pose numerose condizioni per la cessione dei
domini siciliani, che portò alla firma dell’atto di cessione il 13 luglio del
1713. Per la prima volta dal 1409 il Regnum
Siciliae riacquistava la propria indipendenza politica e la propria
fisionomia territoriale. Il programma del sovrano sabaudo era ambizioso, dopo
aver ricostruito e difeso per gran parte della sua vita il ruolo e
l’indipendenza del piccolo stato subalpino, Vittorio Amedeo era intenzionato
alla edificazione di un regno di rilevanza europea che ne avrebbe
definitivamente consacrato il prestigio.
Ufficiali del Reggimento Real Marina nel 1714
L’opera di riordino del Regno, oltre ad
incidere profondamente sulla fisionomia della amministrazione su caratteri
propri dei domini piemontesi, toccò particolarmente anche la organizzazione militare del Regno. L’esercito fu organizzato anch’esso sul
modello piemontese: il fulcro era
costituito dai Reggimenti di ordinanza nazionale, su più battaglioni
perennemente mobilitati e posti direttamente alle dipendenze del sovrano in
campagna, ad essi si aggiungevano i Reggimenti provinciali, articolati su un
battaglione solo, posti di guarnigione territoriale in ciascuna provincia dello
stato. Al suo arrivo Vittorio
Amedeo aveva portato con sé un piccolo
esercito di seimila effettivi, che comprendeva il reggimento di cavalleria Dragoni di Piemonte, sei battaglioni di
fanteria nazionale piemontese ed un reggimento svizzero, ma nel corso del 1714 vennero
costituite nuove unità interamente siciliane, poste al comando della migliore
aristocrazia locale: il principe Giuseppe Alliata di Villafranca ebbe il
comando della Compagnia Siciliana Guardie del Corpo, il reggimento di
fanteria Valguarnera-Sicilia fu affidato al principe Francesco Saverio di
Valguarnera, il Reggimento Gioeni fu costituito direttamente da Francesco
Gioeni dei duchi d’Angiò. Queste forze imponenti furono impiegate
principalmente nel ristabilimento dell’ordine interno, con una dura campagna
contro il brigantaggio che minacciava le città interne e la sicurezza delle
comunicazioni nell’entroterra. La Marina da guerra era invece destinata
ad operare in contrasto alla pirateria barbaresca che infestava le rotte del
Mediterraneo meridionale, l’obbiettivo
più stringente era infatti la salvaguardia delle coste siciliane e la tutela
dei collegamenti tra Palermo e Villafranca di Nizza, la piccola base navale
piemontese. Nel 1717 fu emanato il primo “Regolamento della Marina”. Nel complesso,
la Reale marina siciliana fu composta originariamente da quel che restava della
squadra navale ceduta dalla Spagna, con una sola galera, la Militia, in ordine
di battaglia, ed un battaglione piemontese di marina, poi, tra il 1716 e il
1717, a Palermo furono varate altre cinque galere e tre velieri, che andarono a
costituire l’ossatura della flotta. Questa operò di concerto con la Marina
mercantile, al cui potenziamento, per sostenere i traffici commerciali verso la
Francia e verso oriente, furono dedicate ingenti risorse.
Annibale Maffei, Viceré di Sicilia
Lo spirito irrequieto dei siciliani
risultava difficilmente conciliabile con le esigenze di controllo e di normalizzazione
proprie della mentalità sabauda, inoltre, le mire di Filippo V di Spagna di
ristabilire la propria influenza sulla penisola italiana, rendevano instabile
la permanenza dei Savoia in Sicilia, per di più nella fragilità della pace
europea. Gli equilibri furono rotti nel giugno 1718, quando una potente armata
spagnola invase l’isola potendo contare sull’appoggio di gran parte della
nobiltà locale, la rapida avanzata degli spagnoli contro le esigue forze
siciliano-piemontesi scatenò la sollevazione delle corporazioni commerciali
palermitane, desiderose di veder tutelati gli antichi privilegi, che
costrinsero alla fuga il governo vicereale. Incaricato del comando supremo delle forze piemontesi sull'isola fu il conte Annibale Maffei, Generale dell'esercito ducale che si era già messo in luce, da giovane ufficiale, durante la battaglia di Staffarda, e che era stato nominato Vicerè di Sicilia nel 1713, con il grado militare di Gran Maestro d'Artiglieria. Mentre numerose città caddero in
mano spagnola, Vittorio Amedeo affidò l’estrema resistenza del proprio Regno
alle forze della Grande Alleanza, che
condusse una lunga guerra in terra siciliana fino al 1720.
L’impossibilità di
conservare il difficile dominio e l’opposizione dell’Inghilterra, che con la
sua flotta era stata determinante nella battaglia di Capo Passero per la
sconfitta degli spagnoli, convinsero Vittorio Amedeo II a rinunciare alla
corona di Sicilia in cambio del Regno di Sardegna. Il sovrano sabaudo maturò la
consapevolezza che il suo Stato non era ancora pronto ad assumere il ruolo di
grande potenza mediterranea che risultava quale corollario del possesso della
Sicilia.