Il film "Uomini Contro" di Francesco Rosi è oggi una delle più apprezzate pellicole in tema di prima guerra mondiale ed è un esempio di quel cinema nostrano che, dopo essere stato utile strumento di propaganda guerresca durante il famigerato ventennio, nel dopoguerra si riconvertì ad uno spirito antimilitarista e dissacratore. Il film è un capolavoro di antimilitarismo militante, eppure Rosi ci ha regalato altre pellicole di indubbio valore, ispirato al libro "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu, interventista pentito che negli anni '30 pubblicò i propri ricordi di ufficiale tra le trincee della grande guerra.
Una delle scene più famose è sicuramente quella in cui, spinti dal tronfio, ottuso e imbrociato generale (sono tutti così gli ufficiali superiori nei nostri film) i poveri fanti italiani vanno all'assalto ricoperti da mastodontiche corazze d'acciaio modello "Pasina" nella certezza di essere invulnerabili alle pallottole, purtroppo in pochi secondi sono tutti falcidiati dalle mitragliarici.
Questo lo spezzone dell'assalto:
Una delle scene più false e cretine della nostra cinematografia, al punto che anche Lussu prese le distanze dal film e ritenne che la propria opera fosse stata snaturata. Eppure Rosi ha sempre difeso il suo lavoro e in merito alla scena delle corazze è arrivato a dire: "C'è perfino la vicenda, tragica e grottesca insieme, delle corazze Pasina. Secondo i nostri comandi avrebbero dovuto preservare i militari dalle pallottole austriache. Le ho ricostruite con attenzione seguendo la documentazione dell'epoca. Ebbene, le famose corazze Pasina erano un'altra beffa per i nostri soldati. Appena misero il naso fuori dalle trincee, vennero falciati senza scampo". In realtà nulla è stato ricostruito con attenzione, a partire dal nome dell'oggetto, non sono mai esistite infatti le cosiddette "Pasina", mentre sono realmente state impiegate le corazze Farina, protezioni individuali per i combattenti di tipo ed uso completamente diverso da quanto mostrato nel film. Erano un sistema di protezione per il tronco, la testa e gli arti speriori in piastre d'acciaio snodate, progettato dall'ingegner Ferruccio Farina sulla scia di anologhe realizzazioni che si andavano brevettando in quel periodo in Inghilterra, Francia e Germania. Erano destinate ad equipaggiare piccoli nuclei di arditi e guastatori, le famose "Compagnie della Morte", che di notte o alla prime luci dell'alba avevano il compito di strisciare fin sotto i reticolati nemici per aprire dei varchi con le pinze tagliafili.
Un gruppo di guastatori con equipaggiamento Farina
Queste corazzature furono perfezionate durante tutta la durata conflitto e rimasero in uso sino al termine. Non erano certo ritrovati invulnerabili ma erano comunque in grado di offrire una discreta protezione dal tiro a distanza delle armi individuali e dalle schegge di maggiori dimensioni. Nulla di più lontano da quel che mostra Rosi, con quei soldatini mandati allo sbaraglio in pieno giorno come se andassero ad una scampagnata, chiusi dentro scafandri a metà strada tra l'armatura medioevale e le tute di Star Wars. La descrizione che ne da Lussu in "Un anno sull'altipiano" è però abbastanza precisa e corretta circa impiego e caratteristiche, per cui la totale incongruenza del film è da addebitare alla voglia di strafare degli sceneggiatori, tutti protesi a costruire l'immagine della guerra assurda e crudele divoratrice di uomini. La realtà fu ben diversa invece ed a testimoniare la bontà del progetto ci furono alcune versioni aggiornate impiegate da altri esercito nel corso della seconda guerra mondiale. Quanto alle corazze mostrate da Rosi ed agli "attenti studi" che afferma d'aver condotto c'è da dire che molto probabilmente si ispirò non tanto alle Farina italiane quanto piuttosto a questa:
Si trattadi un modello di Body Armour che fu sperimentata da inglesi ed americani ma che ebbe un uso molto limitato e rimase perlopiù allo stadio di prototipo. Chissà quanti, guardando il film, crederanno d'aver scoperto uno sconosciuto e drammatico episodio della guerra in trincea, mentre invece si tratta soltanto d'un suggestivo espediente cinematografico che rappresenta una colossale, ma inesistita, idiozia militare.
grazie per avermelo detto. invece andrebbe fatta un'analisi più approfondita sullo stigma sociale, con ripercussioni fino ad oggi, degli invalidi di guerra. ovvero, coloro che furono accusati di codardia, fucilati all'alba, con sentenze di venti minuti. ma anche di coloro che poterono tornare a casa, invalidi, detti anche scemi di guerra. buona giornata della Memoria. dalla Francia.
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