El
Alamein è diventata sinonimo di stenti, di logoramento, di eroismo delle truppe
e di impreparazione dei quadri italiani, che pur destinati ad ruolo subalterno
rispetto ai reparti dell’Afrika Korps del
Generale Rommel, testimoniarono un elevato valore sul campo di battaglia, riconosciuto
dallo stesso nemico. Durante
l’offensiva inglese, iniziata il 23 ottobre, anche le truppe più preparate
furono destinate a funzioni ed a scopi secondari, diversi da quelli per i quali
erano stati costituiti. E’ il caso dei reparti aviotrasportati della Folgore
che videro umiliato il loro altissimo addestramento, nobilitando quella
tragedia col solo sacrificio di quei combattenti che seppero adattarsi a
compiti operativi meno qualificati, di solito affidati alla fanteria di linea.
Sasso con i commilitoni ad El Alamein
Una
delle più famose fotografie di quella battaglia ritrae un gruppo di
paracadutisti italiani mentre escono da una buca, in una pausa dei
combattimenti. Uno dei militari, il terzo da sinistra esattamente al centro
della foto, con il moschetto tra le mani, si chiamava Agostino Sasso, era nato a
Pietrastornina, in provincia di Avellino, nel 1920. Durante il servizio di leva
era transitato dai ranghi della fanteria alla nascente specialità
paracadutisti, fu mitragliere di plotone, dopo un lungo periodo di formazione e
addestramento a Tarquinia e a Pisa, si trovò nel deserto africano a fronteggiare
un nemico superiore per mezzi e per capacità operativa. Nei giorni di quella
guerra feracissima, nelle fasi iniziali dello scontro, scrisse anch’egli un’importante
pagina di eroismo, consacrata dalla Medaglia di Bronzo al Valor Militare, che
gli fu concessa con questa motivazione:
“Mitragliere,
già distintosi per coraggio, nel corso di aspro combattimento contro nemico
preponderante, ferito in varie parti del corpo, rifiutava di recarsi al posto
di medicazione e continuava a sparare finché non veniva sopraffatto.”
El
Munassib, Africa Settentrionale - 24 ottobre 1942.
Fu tra i superstiti di quella battaglia, ma dovette affrontare un periodo di prigionia prima di poter tornare in patria nel 1946. E’
inutile dire che El Alamein segnò Agostino; quell’esperienza lo fece maturare e
gli diede la forza di vivere adeguatamente la vita: tornato in patria, in una
nazione allo sbando economico e sociale, dovette soffrire non poco per trovare
occupazione nel Corpo degli Agenti di Custodia e formarsi una famiglia,
tirata su in maniera esemplare e nel rispetto dei più saldi valori morali. Con il grado di Agente, fu inviato presso la casa
di cura e detenzione di Aversa, qui si stabilì definitivamente, senza mai far
venir meno il suo impegno per quell’evento di cui fu giovane protagonista. Verso la fine degli anni ottanta fu nominato
presidente della federazione provinciale di Caserta dell’Istituto del Nastro
Azzurro. Citato in varie pubblicazioni storiche e memorie di combattenti, per
lungo tempo è invitato ai raduni dei reparti paracadutisti in servizio, ospite
benvoluto, testimone e protagonista di un evento unico ed esaltante per la
storia di un’Italia sempre più lontana dai valori di un vecchio soldato. Nel 2006
fu nominato Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica, si è spento ad
Aversa nel 2013, a 93 anni.
Agostino Sasso durante l'addestramento in Italia
Salvatore Palladino
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