domenica 31 dicembre 2017

La rinascita del Fiat 2000


Nel pieno della Prima Guerra Mondiale fu progettato in Italia il primo modello di carro armato interamente di concezione nazionale, il Fiat 2000, un mastodonte d’acciaio di circa 39 tonnellate che impiegava dagli 8 ai 10 uomini di equipaggio e che risultò il mezzo più potente della Grande Guerra. Era stato progettato dagli ingegneri Carlo Cavalli e Giulio Cesare Cappa e presentava alcune soluzioni tecniche altamente innovative: il posizionamento del cannone principale in una torretta emisferica che poteva essere ruotata di 360 gradi, la separazione tra il vano motore e la camera di combattimento, la struttura inclinata delle lastre che formavano la casamatta. Era concepito per superare ogni sbarramento, abbattere i reticolati e portare la potenza di fuoco di cannoni e mitragliatrici direttamente sul campo di battaglia restando protetto dagli attacchi nemici, ma, nonostante il suo potenziale e l’ottima tecnologia non trovò mai impiego sul campo, infatti delle centinaia di carri ordinati ne furono consegnati soltanto due alla fine del 1918 e di essi uno soltanto fu presente in zona di operazioni nel novembre 1918, senza però entrare mai in combattimento. Dopo la guerra, negli anni ’20, uno dei due esemplari fu inviato in Libia nei combattimenti contro l’insurrezione senussita, dove, dopo numerosi insabbiamenti, fu abbandonato facendo perdere le tracce di sé. 

Una delle rare apparizioni del carro in zona di operazioni, nei giorni successivi alla firma dell'armistizio nel 1918

L’esemplare rimasto in Italia fu impiegato con grande impressione in alcune prove dimostrative per oltre un decennio ed affidato in carico al Reggimento Carri Armati, l’ultima sua destinazione nota fu la caserma carrista di Bologna, nella quale era presente fino al 1936, se ne ignora poi la sorte finale anche se è probabile ipotizzare che sia tristemente finito in fonderia tra gli anni della Seconda Guerra Mondiale e l’immediato dopoguerra.


Schema del posizionamento dell'equipaggio

Ora, nel centenario della sua comparsa, che coincide con le celebrazioni per il Centenario della Prima Guerra Mondiale, un ambizioso progetto mira a riportare in vita il primo tank italiano realizzandone una riproduzione fedele marciante. Il progetto è stato promosso, sin da marzo scorso, dall’Associazione Raggruppamento  SPA, esperta nel recupero e conservazione dei veicoli militari storici, dall’Associazione Nazionale Carristi e dall’Associazione Nazionale Ufficiali Tecnici dell’Esercito, che hanno offerto con entusiasmo la propria esperienza tecnica, hanno inoltre aderito al progetto di ricostruzione anche l’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria e l’Associazione Nazionale Autieri. Il progetto si ispira ad iniziative similari già portate a termine in altri paesi, con la ricostruzione di esemplari di carri armati del primo conflitto mondiale, sono note infatti ricostruzioni marcianti del famoso carro Renault FT 17, del grande carro tedesco AV7, del carro britannico Mark IV, oltre che dei primi modelli di carri sovietici degli anni ’20. Tutte le operazione per l’impresa sono scaturite dal ritrovamento di un modello in legno in scala 1:5 realizzato nel 1917 dalla ditta Quarello per mostrare i dettagli progetto originale in fase pre-produzione, il modello, del quale fino a pochi anni fa si ignorava persino l’esistenza, è particolarmente dettagliato e consente di apprezzare e valutare numerosi elementi costruttivi, pur non potendo considerarsi un’esatta riproduzione in scala ridotta del prodotto finale. Il modello attuale è stato interamente riprogettato attraverso il sistema CAD e l’elaborazione tridimensionale, calcolando le quote e le misure a partire dal modello di legno e rielaborando parte dei progetti originali che sono stati faticosamente reperiti oltreoceano. Anche il motore di cui era dotato il grande mezzo, un propulsore aeronautico Fiat A.12 a sei cilindri, è stato individuato presso diversi musei e se ne è avviato un progetto di ricostruzione ex novo che mira a far rombare nuovamente i 250 cavalli di potenza di cui era capace il motore avio. Le grandi maglie dei cingoli saranno riprodotte in fusione secondo i disegni originali, mentre gli ingranaggi e le ruote motrici saranno intagliate al laser da lastre d’acciaio prestampate. 

Il modello in legno "Quarello", ricomparso ad un'asta nel 2013

Allo studio generale ci sono le possibilità di applicazione all'originario mezzo del 1918 delle nuove tecniche costruttive e dell’impiego dei nuovi materiali offerti dalle moderne tecnologie. Per quanto riguarda l’armamento, si procederà con la realizzazione di simulacri del cannone da 65 mm posto nella torretta e delle sette mitragliatrici Fiat mod. 1914, calibro 6,5 mm, posizionate in casamatta. Il costo totale dell’opera è sicuramente elevato, anche se non ancora esattamente quantificato, in attesa che siano completate le fasi progettuali e sia possibile comprendere nel dettaglio le esigenze ricostruttive, si prevede di reperire le risorse necessarie attraverso contributi privati, patrocini pubblici e sponsorizzazioni  commerciali ed industriali. Per la gestione di tutta l’iniziativa è in via di costituzione uno specifico comitato di progetto che si trasformerà in ente di gestione, per sovraintendere alla realizzazione della riproduzione e gestire successivamente il progetto finito.


domenica 24 dicembre 2017

Nuovi vertici di Esercito e Carabinieri

Lo scorso 22 dicembre il Consiglio dei Ministri ha varato le nomine del nuovo Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, il Generale di Corpo d'Armata Salvatore Farina, e del nuovo Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, il Generale di Corpo d'Armata Giovanni Nistri. I due alti ufficiali andranno a sostituire, rispettivamente, i generali Errico e Del Sette, le loro nomine sono state proposte dal Ministro della Difesa Pinotti.

Il Generale Salvatore Farina

Salvatore Farina, pugliese classe 1957, ha frequentato l'Accademia di Modena divenendo ufficiale dell'arma delle trasmissioni, si è distinto in numerosi incarichi e comandi sia in patria che all'estero. In particolare, è stato comandante del 1° Reggimento Trasmissioni a Milano e Capo del Centro Operativo Interforze dello Stato Maggiore Difesa, ha frequentato l'Istituto della difesa degli Stati Uniti in California ed è stato Comandante dell'operazione Joint Enterprise in Kosovo in ambito NATO. Tra le sue numerose decorazioni spiccano la Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, l'onorificenza di Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica, la Medaglia Militare al Merito di Lungo Comando e la Legion of Merit USA. 

Il Generale Giovanni Nistri

Il Generale Giovanni Nistri è nato a Roma nel 1956, ha frequentato in giovane età la Scuola Militare Nunziatella di Napoli e, successivamente, l'Accademia Militare di Modena e la Scuola Ufficiali dei Carabinieri. Tra gli incarichi operativi, è stato in forza al 4° Battaglione Carabinieri "Veneto", è stato Comandante provinciale dei Carabinieri a Cosenza e Firenze e Comandante del Reparto Tutela Patrimonio Culturale. Forte di quest'ultima esperienza, dal 2014 al 2016, ha svolto il ruolo di direttore Generale del "Grande Progetto Pompei". Per anni, inoltre, è stato condirettore della rivista "Il Carabiniere" ed è giornalisti pubblicista. E' Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica, Commendatore dell'Ordine Equestre di San Gregorio Magno e Cavaliere dell'Ordine Costantiniano.

venerdì 15 dicembre 2017

L'arma chimica nella Prima Guerra Mondiale


Carabinieri mobilitati con il primo modello di maschera "Ciamcian-Pesci", formata da un tampone di garze imbevute di soluzione alcalina

I primi anni del XX secolo, dominati da un forte progresso tecnologico, segnano la mutazione del concetto di uso delle armi convenzionali nei conflitti: mentre l’Europa borghese gode gli ultimi anni della Belle Epoque, i quadri militari già preparano nuove sperimentazioni nell'arte della guerra spesso finalizzate alla distruzione di massa degli avversari. Nel 1911 erano stati proprio gli italiani ad effettuare il primo bombardamento aereo nella guerra di Libia e l’episodio aveva reso consapevole gli Stati Maggiori che altri mezzi di offesa potevano essere preparati per vincere e sottomettere eserciti e volontà politiche. Da allora la totalità dei conflitti del novecento sono stati contraddistinti dall'uso generalizzato di quei sussidi di morte, culminando nei decenni successivi nell'uso dell’arma chimica prima, nucleare e batteriologica poi.

Fanti francesi in trincea con il modello di maschera "fazzoletto", in uso fino alla fine del 1915

La prima guerra mondiale segnò l’affermazione dei gas asfissianti su scala diffusa. La seconda battaglia di Ypres, combattuta nell'aprile del 1915, viene unanimemente ricordata dagli storici, perché in quell'occasione fu effettuato da parte delle truppe tedesche il primo attacco con gas al cloro (Iprite), contro un contingente di truppe algerine. In verità era stato proprio l’esercito francese il primo a tentare, nell'ottobre precedente, un simile attacco, che però era fallito miseramente a causa di una temperatura rigidissima che aveva impedito la vaporizzazione dei gas nelle trincee. Dopo Ypres e con una cadenza sempre più frequente, l’uso dell’arma chimica divenne una orribile consuetudine e spinse i responsabili militari di ogni schieramento a ricercare la possibilità di arrecare eguale ed superiore danno al nemico.

Lanciere tedesco a cavallo, indossa una lederschutzmaske M17 in cuoio

La truppa cercò le prime contromisure con l’impiego di pezze di stoffa imbevute d’acqua o d’urina, con scarsissimi risultati concreti perché i soldati esposti alle nubi tossiche il più delle volte restavano accecati e soffocati, con un effetto psicologico veramente devastante. Nonostante la condanna generale verso tale tipo d’armamento, tutti gli eserciti saranno pronti ad usarli perfezionando i primi imperfetti gas con altri sempre più potenti e letali, verso i quali le prime maschere non riuscivano a fornire una protezione accettabile. Circa un anno dopo l’episodio di Ypres, anche sul fronte italiano si verificherà un avvenimento analogo, suscitando ancor maggiore impressione nell'opinione pubblica italiana ed europea. Sul Monte San Michele sul versante orientale del fronte, il 29 giugno 1916, i nostri fanti furono investiti prima dal gas austriaco per poi essere sopraffatti nelle trincee dall'intervento di alcuni reparti ungheresi che finirono la truppa, ormai inabilitata al combattimento, a colpi di mazze ferrate e mazzafrusti.

Salvatore Palladino

Sullo stesso argomento
La maschera antigas modello Harrison