venerdì 28 dicembre 2018

L'impresa di Alessandria

18 dicembre 1941 - Mediterraneo orientale - ore 18.40, il sommergibile italiano Scirè giungeva sul punto stabilito, a miglia 1,3 per 356° dal fanale del molo di ponente del porto di Alessandria, in fondale di 15 metri. La fase finale dell’operazione G.A.3 aveva inizio.
Lo Scirè, come da ordine di operazione, aveva mollato gli ormeggi a La Spezia il 3 dicembre precedente, simulando un’uscita per esercitazione ma, all’imbrunire, aveva imbarcato, in tutta segretezza, tre “Siluri Lenta Corsa”, i cosiddetti “maiali” (contraddistinti dai numeri 221, 222 e 223), nei tre cilindri a tenuta stagna appositamente installati in coperta. Ripreso il mare, l’ordine per il comandante, capitano di fregata J. V. Borghese, era stato di raggiungere Lero, dove avrebbe dovuto ricongiungersi con gli operatori dei mezzi d’assalto e attendere l’ordine di partenza alla volta di Alessandria. Il 9 dicembre, lo Scirè si ormeggiava a Porto Lago (isola di Lero) dove imbarcava, il 12 dicembre successivo, gli assaltatori nel frattempo giunti dall’Italia via Rodi. Dopo aver atteso per alcuni giorni i risultati delle ricognizioni aeree su Alessandria, il 14 dicembre lo Scirè riceveva l’ordine di prendere il mare per dare inizio all’operazione G.A.3. La navigazione verso le coste egiziane aveva comportato non poche difficoltà a causa delle avverse condizioni meteorologiche e fu soltanto nel pomeriggio del 17 che il comandante della X flottiglia MAS, capitano di fregata Ernesto Forza, sulla base degli esiti della ricognizione aerea, poteva segnalare al comandante dello Scirè la presenza di due corazzate in porto e di mare calmo lungo le coste egiziane.
Nel pomeriggio del 18 dicembre, lo Scirè, in vista della costa, iniziava l’avvicinamento occulto alla base nemica. Alle ore 20.47, sfuggendo alla vigilanza britannica e ai campi minati difensivi, iniziava in affioramento le operazioni di rilascio dei tre “maiali”. Al segnale convenuto, i tre mezzi d’assalto dirigevano verso Alessandria e il sommergibile riprendeva la navigazione sulla via del ritorno, puntando prima su Lero, per poi proseguire, dopo una breve sosta, verso la base di La Spezia, dove giungerà incolume il 29 dicembre.
Il mare era calmo e non c’era vento. Nessun segno di allarme dalla base nemica. I sei uomini del gruppo d'assalto, ripartiti in tre coppie, procedevano verso gli obiettivi: il tenente di vascello Luigi Durand de la Penne con il capo palombaro Emilio Bianchi, il capitano del Genio Navale Antonio Marceglia con il sottocapo palombaro Spartaco Schergat, il capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta con il capo palombaro Mario Marino si avviavano a compiere un'impresa leggendaria nella storia della nostra Marina e in quella navale di tutti i tempi. Tutto procedeva secondo i piani; quando ormai gli operatori erano in procinto di affrontare l’ostacolo più difficile, costituito dalla rete di sbarramento che chiudeva l’accesso alla base, la buona sorte arrise loro. Infatti, poco dopo la mezzanotte, una sezione mobile della rete era stata aperta, per consentire l’ingresso in porto di alcuni cacciatorpediniere inglesi di ritorno da una missione. Portatisi nella scia delle siluranti britanniche, i “maiali” penetravano nel porto di Alessandria e iniziavano l’avvicinamento finale verso gli obiettivi. L’unità assegnata all’equipaggio Durand de la Penne-Bianchi era la nave da battaglia Valiant, ormeggiata di prora alla gemella Queen Elizabeth, nello specchio acqueo prospiciente la banchina petroli.

La corazzata HMS Valiant

Superata l’ultima ostruzione, poco dopo le 02.00 del 19 dicembre gli operatori immergevano il “maiale” per portarsi al di sotto dello scafo della Valiant, ma il mezzo subacqueo, urtata la carena, mentre gli operatori cercavano l’aletta di rollio della nave per fissarvi la carica esplosiva, si allagava perdendo quota, appoggiandosi così sul fondale fangoso a qualche metro di distanza dalla nave. Durand de la Penne riusciva a risalire in superficie, verificando di trovarsi al traverso delle torri prodiere dell’unità inglese. Ritornato in profondità Durand de la Penne cercava di far ripartire l’apparecchio senza riuscirvi. Chiedeva quindi a Bianchi di ispezionare le eliche per verificare eventuali impedimenti. Nel compiere quest’operazione il secondo uomo, a causa di un’avaria al suo autorespiratore, veniva colto da malessere e, mentre cercava di risalire in superficie, perdeva i sensi.

 Luigi Durand de la Penne

Durand de la Penne, rimasto solo, trascinava faticosamente, per quaranta lunghi minuti, l’apparecchio verso lo scafo della corazzata britannica. Attivate le spolette della carica esplosiva e coperto con il fango il cruscotto per evitare che la luminosità degli strumenti potesse indicarne la posizione in caso di eventuali ricerche, Durand de la Penne risaliva in superficie dove veniva individuato dal personale di guardia e, fatto segno da alcune scariche di mitragliatore, si rifugiava sulla boa d’ormeggio della corazzata dove ritrova il suo secondo.
Tratto da DifesaOnLine

giovedì 22 novembre 2018

L'eterna woodland


Partecipando recentemente ad una esercitazione gestita dall'Aeronautica Militare ho notato che diversi militari indossavano le uniformi mimetiche in tessuto woodland, mentre la maggioranza dei presenti era equipaggiata con la più recente vegetata. La cosa mi ha sorpreso, anche perchè ero convinto che ormai le vecchie mimetiche NATO-woodland fossero state completamente sostituite dal nuovo schema mimetico policromo vegetato, spingendomi a fare qualche approfondimento. Introdotta negli anni '90 con la denominazione "Roma" (in realtà già adottata nel 1987), la mimetica woodland è stata distribuita dapprima all'Esercito ed, in seguito, all'Aeronautica Militare, mentre la Marina ha sviluppato autonomamente propri schemi e tessuti di mimetismo. L'Aeronautica ha sempre adoperato la medesima tipologia di uniforme CBT dell'EI, pur avendo ricevuto tre diverse forniture che differivano per lievi dettagli, le mimetiche sono state adoperate massicciamente fino al 2004, quando iniziò la loro graduale sostituzione con la nuova tipologia di policroma vegetata, in realtà le forniture di quest'ultima furono riservate innanzitutto ai contingenti destinate all'estero, mentre le woodland restarono a lungo adoperate in Italia. 

In mezzo a tante vegetate spunta un sott'ufficiale ancora con la mimetica "Roma"

L'Aeronautica ha adoperato regolarmente il vecchio schema mimetico sul territorio nazionale fino agli anni 2012-2013, ma ero convinto che dal 2013, con l'introduzione del modello aggiornato di tuta mimetica, assegnato sia all'Esercito che all'Aeronautica Militare, le vegetate avessero completamente sostituito le vecchie mimetiche. Invece, a quanto ho appreso da diversi ufficiali, le CBT woodland sono ancora presenti nei magazzini ed impiegate sia all'interno delle caserme e delle strutture militari, che durante addestramenti e esercitazioni. Una lunga carriera per un tessuto mimetico concepito negli anni '80 ed utilizzato da quasi trent'anni...e chissà per quanto ancora! 

martedì 30 ottobre 2018

XX Dragon Recon



La XX edizione della Dragon Recon si è svolta dal 19 al 21 ottobre scorsi, nella consueta cornice del comprensorio militare di Persano. La gara internazionale per pattuglie militari, organizzata dalla sezione UNUCI di Napoli in collaborazione con l'Associazione Nazionale Artiglieri d'Italia e con il patrocinio dell'Esercito Italiano, ha visto quest'anno la partecipazione di 19 squadre, tra personale appartenente a reparti in servizio e militari in congedo, con ben due rappresentanze di team stranieri: una pattuglia della Guardia Nazionale Lettone ed una pattuglia della riserva dell'esercito tedesco proveniente dal Land Renania-Palatinato. Le squadre hanno dovuto affrontare diciotto prove di abilità teorico-pratica e superare tre punti di controllo, trovandosi di fronte simulazioni di situazioni effettivamente verificabili in teatro operativo, operando sia come forza a piedi che con l'ausilio di mezzi forniti dal comando del comprensorio militare. La vittoria della competizione è andata al team Comando Comprensorio Persano 1, che, con 1397 punti, ha preceduto in classifica la rappresentanza dell'8° Reggimento Artiglieria "Pasubio" e la squadra formata da effettivi del 1° Reggimento Bersaglieri. Tra le pattuglie in congedo si è distinta la squadra formata dalla sezione romana dell'Unione Nazionale Ufficiali in Congedo, che è sempre stata presente a tutte le venti edizioni della competizione e quest'anno si è aggiudicata la speciale Coppa Veterani offerta dall'Istituto per la Guardia d'Onore al Pantheon, riconoscimenti individuali sono poi stati assegnati ai migliori partecipanti della gara di tiro con arma lunga.


La gara di esercitazione del 2018 è stata presieduta, come sempre, dall'inossidabile Generale Franco De Vita, storico presidente dell'UNUCI Napoli. Alla cerimonia di premiazione, svolta presso la caserma "Cucci" domenica 21, sono intervenuti, tra gli altri, il Colonnello Ciriaco Fausto Troisi, comandante del comprensorio, il Tenente Luigi Ventura dell'UNUCI, rappresentanze della Croce Rossa Italiana e dell'Associazione ex allievi Nunziatella, nonché i vessilli di numerose associazioni d'arma, tra cui la bandiera della Vicepresidenza nazionale dell'Associazione del Fante. 


sabato 25 agosto 2018

Cento anni dal Volo su Vienna



Era il 9 agosto del 1918 quando Gabriele d'Annunzio, ufficiale di cavalleria che aveva voluto volontariamente dare corpo alla sua poetica nella conflagrazione della Prima Guerra Mondiale, guidò una squadriglia di undici velivoli Ansaldo S.V.A. in uno spettacolare volo dimostrativo su Vienna, che tempestò la capitale austriaca di volantini di propaganda. Da oltre un anno d'Annunzio aveva progettato una simile azione, ma solo nell'estate del '18 ottenne la definitiva autorizzazione dal Comando Supremo a realizzare l'impresa, che condusse personalmente imbarcandosi a bordo di uno S.V.A.10  biposto opportunamente modificato per l'occasione con lo spostamento dei comandi sul sedile posteriore, occupato dal Capitano pilota Natale Palli, che gli consentirono di sedere sul sedile anteriore per il lancio dei volantini. Nell'occasione furono lanciati 400.000 volantini tricolori con un messaggio che invitava i viennese alla resa, ma solo 50.000 di essi recavano un testo del poeta, che fu giudicato troppo complesso e difficilmente traducibile in tedesco, la stragrande maggioranza dei manifestini, invece, recava un testo bilingue predisposto dal giornalista Ugo Ojetti.  

L'impressione destata fu enorme, seppur il peso tattico di una azione disarmata risultò irrilevante, la valenza simbolica e morale dell'impresa risultò rilevantissima ed inflisse un colpo, forse mortale, all'immagine dell'Impero Austro-Ungarico, galvanizzando il morale delle truppe italiane, che già si preparavano alla grande offensiva d'autunno, che sarebbe risultata l'ultima della guerra. 



I cento anni del "folle volo" sulla capitale austriaca sono stati celebrati, lo scorso 9 agosto, con una suggestiva cerimonia presso il Vittoriale degli italiani, la grande tenuta-mausoleo che d'Annunzio fece costruire dopo la Grande Guerra a Gardone Riviera ed ove visse fino alla morte nel 1938. Esattamente alle ore 12.00, lo stesso orario del raid, nella piazzetta Dalmata che delimita l'ingresso alla residenza del poeta, subito dopo l'alzabandiera solenne, diretto dal Generale di Giuseppenicola Tota,comandante del COMFORTER di Supporto di Verona, due aerei d'epoca hanno sorvolato il Vittoriale lanciando migliaia di riproduzioni del volantino sulla folla entusiasta accorsa numerosa, alla presenza di numerose autorità civili e militari, dei rappresentanti delle associazioni d'arma. Nell'anno in cui si celebra il Centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, è stato  quasi come se le centinaia di migliaia di manifestini lanciati nel 1918 tornassero, ora, a rendere omaggio al loro coraggioso ideatore, primo artefice moderno di una ardita tecnica di guerra psicologica. 


Il video dell'evento

A concludere l'evento, organizzato dalla Fondazione Il Vittoriale degli italiani e dal suo presidente  Giordano Bruno Guerri, è stato proprio quest'ultimo, che ha illustrato ai presenti le finalità e l'importanza dell'iniziativa, scoprendo anche una tela di grandi dimensioni dedicata alla beffa di Buccari, l'altra grande impresa compiuta in guerra da d'Annunzio, che andrà ad arricchire la raccolta del Vittoriale.

L'esemplare di S.V.A. biposto usato da d'Annunzio conservato al Vittoriale



Alcuni momenti della cerimonia
  



lunedì 28 maggio 2018

Ad Aversa la mostra "Guerra di Popolo"




    È stata inaugurata ad Aversa, sabato 26, la mostra “Guerra di popolo. Propaganda e mobilitazione durante la Prima Guerra Mondiale” dedicata al centenario della Grande Guerra ed alle attività svolte nel territorio aversano. Grande presenza di pubblico in occasione del taglio del nastro, con la partecipazione di numerose scolaresche e di diverse autorità civili e militari, oltre ai rappresentanti delle associazioni d’arma. Il Curatore del Museo di Storia Militare Salvatore de Chiara, che ha promosso la mostra, ha illustrato il percorso espositivo e le vicende che sono alla base della narrazione delle attività di partecipazione civile e di propaganda durante il periodo bellico.Tematica principale dell’esposizione è quella delle attività che si svolsero ad Aversa durante il periodo della Grande Guerra, in particolare relative alle opere di propaganda, all'assistenza ai feriti ed alle famiglie dei combattenti, alle celebrazioni della vittoria, gli strumenti furono molteplici, dai manifesti murali alle cartoline propagandistiche, dai tradizionali comizi pubblici alle lotterie benefiche, coinvolgendo gli apparati dei Comitati Civili e della Croce Rossa Italiana. Aversa emerse quale polo di riferimento per gli abitanti dei centri circostanti. L’iniziativa ha ottenuto il patrocinio del Comune di Aversa, della Provincia di Caserta e dell'Associazione Nazionale del Fante, è inserita nel calendario ufficiale degli anniversari di rilevanza nazionale predisposto dalle Presidenza del Consiglio dei Ministri e si fregia della concessione del logo ufficiale del Centenario.

Alla cerimonia inaugurale sono intervenuti il consigliere provinciale Stefano Di Grazia, che ha recato i saluti del Presidente dalla Provincia di Caserta Magliocca, e l’Ispettore regionale dell’Associazione Nazionale Carabinieri Generale Domenico Cagnazzo, presente anche il prof. Salvatore Palladino per l’Associazione Nazionale del Fante. La mostra è strutturata in quattro sezioni, dedicate ai diversi settori dell’attività dei civili a supporto della guerra: l’attività dell’Associazione per il Volontariato Civile, l’Assistenza e la Propaganda, e le storie degli uomini e delle donne che vi furono attivi, le strutture sanitarie ed il ruolo del Comitato Distrettuale della Croce Rossa, l’assistenza ai profughi provenienti dalle venezie, la celebrazione dei Caduti e l’erezione dei monumenti. L’allestimento è stato curato dalla Associazione Gioventù Aversana ed è reso possibile anche dalla disponibilità della Esseprint, ed alla collaborazione di  Giovanni Bo, Presidente della Piccola e Media Impresa di Confindustria Caserta, e del gruppo Esagono, che hanno confermato il proprio impegno per la promozione della cultura. Nel corso della giornata del 26 maggio è stato anche presentato il video realizzato dagli alunni del laboratorio CrossMedial del Liceo scientifico “Fermi”, che, incentrato proprio sul Museo Militare, si è recentemente aggiudicato il primo posto nel concorso regionale “A scuola di cinema, raccontando un monumento”, ad illustrare l’attività scolastica sono stati proprio i giovani studenti aversani. La mostra resterà visibile presso la Casa della Cultura “V. Caianiello” fino al 17 giugno.

Morgagni

martedì 6 marzo 2018

Ufficiale coloniale, 1939


In questa illustrazione è raffigurato un Capitano dei battaglioni coloniali, così come sarebbe potuto apparire tra la fine degli anni '30 e la Seconda Guerra Mondiale. Indossa una giubba sahariana con le tasche ad "ali di pipistrello" ed un paio di pantaloni in tela di cotone cachi, il copricapo è una bustina Mod.34 con il caratteristico fregio del Regio Corpo Truppe Coloniali e le tre stellette ricamate sul lato sinistro ad indicare il grado. Le spalline sono in panno nero, sottopannate dei colori distintivi del battaglione di appartenenza, in questo caso il rosso/blu caratteristico del LXIV Battaglione eritreo. Il suo equipaggiamento è completato dagli stivaloni in cuoio naturale e dal cinturone con spallaccio "Sam Brown", al collo una sciarpa in cotone bianco. Il personaggio è raffigurato come un veterano dell'Africa, sulla spalla sinistra indossa, infatti, il distintivo per anzianità coloniale, costituito da un fascetto metallico nel quale era inserito un cordone in rayon nel colore dell'arma, specialità o reparto di appartenenza. Il distintivo fu istituito  nel novembre del 1937, ne era prevista la concessione ai militari di ogni grado che avessero prestato un lodevole servizio in colonia per almeno quattro anni.

Illustrazione di Andrea Viotti

domenica 25 febbraio 2018

Come muoiono le associazioni d'arma

Nel mondo delle associazioni d’Arma io ci sto dentro da vent’anni, inizialmente come associato e in seguito assumendo incarichi di responsabilità e partecipando alle riunioni di Assoarma. Quest’ultima sigla identifica l’organo collegiale che garantisce il coordinamento fra le più di trenta associazioni riconosciute dal Ministero della Difesa ed è delegato a comunicare direttamente con il Sottosegretario alla Difesa e con lo Stato Maggiore. Attualmente a capo di Assoarma c’è il generale Buscemi, sicuramente più energico di chi l’ha preceduto. Nonostante questo, si assiste oggi al lento tramonto sia delle associazioni combattentistiche che di quelle d’Arma. Intanto, l’anagrafe: l’età media degli iscritti parte dalla cinquantina in su e la sospensione della leva ha di fatto anemizzato il ricambio generazionale. Tutte le associazioni risentono dunque del mancato ricambio alimentato dai congedati della leva. 

Situazione in realtà pregressa: nel corso degli anni l’afflusso di giovani soci era sensibilmente rallentato, per una serie di cause che comprendono sia fattori interni che esterni. Il primo è la struttura conservatrice dei gruppi dirigenti: presidenti di sezione in carica per vent’anni di seguito, cattiva amministrazione, reduci di guerra chiusi verso gli esterni, più l’idea oggi antiquata che un giovane ricerchi solo l’appartenenza al reggimento dove ha fatto la naia e non chieda anche attività sociali, sconti in palestra e corsi di aggiornamento. Quanto al congedato attuale, è un VFP ormai disoccupato e deluso dall’Esercito che lo ha mandato a casa dopo tre o cinque anni di servizio, per cui non è motivato a iscriversi. Il resto lo fa il nuovo assetto delle FF.AA.: i concorsi gratuiti sono un ricordo, tutto ha un prezzo e in più sabato e domenica i militari si pagano in straordinario, col risultato di limitare se non azzerare la collaborazione fra enti militari. Intanto ripercorriamone la storia. Apolitiche per statuto ma sostanzialmente conservatrici (ma i parà vanno anche oltre), alcune nascono nell’800, come l’Associazione Nazionale dei Bersaglieri o l’Associazione Arma di Cavalleria, con il compito preciso di mantenere lo spirito di corpo e creare una mutua assistenza tra famiglie di reduci, ma il grosso risale agli anni immediatamente dopo la prima Guerra Mondiale. Le ultime in ordine di tempo sono le associazioni partigiane nate immediatamente dopo il 1945. Una cosa sono le associazioni ex-combattentistiche, altro sono quelle d’arma e reggimentali. Le prime legano a vita i protagonisti e testimoni di fatti storici vissuti per esperienza personale, le altre riaggregano chi ha prestato servizio in quel corpo o ne ama condividere le finalità. E’ evidente che, col passar degli anni, i reduci invecchiano e alla fine l’associazione si estingue, a meno di non affiliare figli e nipoti. Penso ai cavalieri di Vittorio Veneto o ai Volontari di Guerra o ai Volontari e Reduci Garibaldini, all’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci. La distanza temporale dall’ultima guerra italiana – ormai più di settant’anni, grazie al cielo – spiega l’estinzione di fatto di alcune associazioni. Comparate con le due guerre mondiali, le operazioni recenti sono state troppo brevi o hanno impegnato troppi pochi uomini per creare associazioni di rilievo. Se poi il nazionalismo anteguerra ha abilmente sfruttato le masse degli ex-combattenti, sembra invece che la Repubblica italiana non abbia mai capito è l’importanza delle associazioni d’Arma, relegate di fatto a funzioni decorative nelle cerimonie pubbliche o in parte coinvolte bella protezione civile. Eppure l’Associazione Nazionale Alpini (ANA), i Bersaglieri (ANB) e quella dei Carabinieri svolgono funzioni di protezione civile e sorveglianza ben note alla gente, anche perché hanno tuttora decine di migliaia di iscritti. Si direbbe però che rimanga sempre l’atavica diffidenza dello Stato italiano verso le associazioni volontarie, peggio ancora se istruite all’uso delle armi. 

Solo l’UNUCI (Ufficiali in congedo) – ente fondato nel 1926 - prevede nello statuto l’addestramento, anche se spesso disatteso, e proprio l’UNUCI è stata ora retrocessa da ente ausiliario dello Stato ad associazione di diritto privato.In Italia non è stata mai organizzata una riserva di tipo europeo e in sostanza si è sprecato per anni il potenziale che le associazioni d’Arma potevano dare in quel senso. Chi scrive può testimoniare la diffidenza dei quadri militari verso il personale in congedo. Quanto all’UNUCI, finché era un ente ausiliario dello Stato il suo presidente era nominato dal Ministro della Difesa, ma mai l’incarico è stato affidato a generali giovani e dinamici, essendo piuttosto la prebenda dei generali in pensione che volevano farsi l’ufficio gratis e mantenere i contatti col Ministero. So di essere duro, ma non aver strettamente legato l’attività dell’UNUCI a quella dei distretti militari non ha integrato i due enti nel modo più logico: le sezioni dovevano segnalare gli ufficiali idonei al richiamo per aggiornamento e/o avanzamento in base a una preselezione. Nessuno ha mai pensato al Libretto del Riservista (come in Germania), dove vengono annotate le partecipazioni degli iscritti a corsi, gare di tiro, pattuglie militari, mentre hanno richiamato per anni gente mai vista nelle sezioni. Peggio ancora, nessuna sezione UNUCI ha mai organizzato un corso di preparazione per tutti quegli ufficiali di complemento che volevano fare il concorso per passare in SPE. Eppure l’UNUCI era un ente ausiliario dello Stato. Ma se per anni molte associazioni d’Arma sono state solo dei “poltronifici” è anche colpa degli iscritti, troppi dei quali pagano per anni la quota sociale senza chiedere niente, senza partecipare alle attività istituzionali, senza esigere di rendere pubblico un bilancio di sezione, senza nemmeno ricevere le patinate o spartane riviste d’associazione. 

Sono importanti, visto che sono l’immagine dei gruppi dirigenti e lo specchio della vita associativa. Quelle degli alpini sono decine, altrimenti ogni associazione ne ha ufficialmente quasi una sola, visti i costi di stampa e distribuzione attuali. Scarsi gli articoli sui reparti in servizio, immancabili le cerimonie pubbliche, frequenti le sagre di paese, i necrologi, i raduni locali. Non manca mai qualche articolo sulla storia di una MOVM, di una battaglia, di un episodio storico, e la qualità dipende da chi scrive. Spesso il linguaggio è un po’ antiquato e retorico, ma le ricerche storiche sono in genere serie e ben documentate. Sempre interessanti le foto tirate fuori dal cassetto, meno invece articoli come “La prostata questa sconosciuta” e la rubrica “I nostri lutti” . Immancabili le rubriche su promozioni, nozze, nascite, ricerca di commilitoni.

Marco Pasquali

tratto da www.difesaonline.it

martedì 6 febbraio 2018

Condottieri e battaglie della Napoli spagnola


Il volume “Condottieri e battaglie della Napoli Spagnola”, che ripercorre le vicende militari del Regno di Napoli in epoca vicereale, tra il XVII e il XVIII secolo, è il nuovo interessante contributo alla storia del meridione provenente dal costante lavoro del sito Historia Regni. Il testo, la cui prefazione è stata scritta dal Console di Spagna a Napoli, si avvale del contributo di ricercatori italiani e spagnoli e prova a far luce sulle vicende, ancora poco note, dell’impegno dei meridionali nelle armate spagnole nel periodo di massima espansione del Regno di Spagna. Si scopre così, sfogliando le pagine, che furono assai numerosi i sudditi provenienti dai domini sulla penisola italiana inquadrati nei “tercios de Napoles”, alcune delle formazioni più addestrate ed affidabili dell’esercito spagnolo, impiegate soprattutto nelle guerre europee, sia nelle Fiandre che nella guerra dei trent’anni in Francia e nel Monferrato. Ma i picchieri napoletani furono impegnati, dando grande prova di sé, anche nelle campagne oltreoceano nelle americhe. Dal testo emerge anche la particolare politica della corono spagnola, volta alla fidelizzazione ed alla aggregazione dell’aristocrazia italiana al progetto imperiale, avviando un processo di interscambio tra le classi dirigenti tra le sponde del Mediterraneo che portò numerosi esponenti del ceto nobiliare italiano ad ascendere a posizioni di grande rilievo, sia nei ranghi militari che nelle funzioni di governo civile. Il testo ha soprattutto il grande merito di aprire uno squarcio su una prospettiva diversa delle dinamiche tra il potere spagnolo ed i domini napoletani, questo è reso possibile soprattutto dal ricorso ai documenti conservati negli archivi spagnoli e dallo studio della documentazione a carattere militare, sino ad ora poco approfondita. È edito per i tipi della D’Amico Editore.