mercoledì 11 dicembre 2013

Passo corto per la regina

Novità epocale nell'esercito britannico, la lunghezza del passo di marcia, per le donne, passa da 76 a 69 centimetri. La decisione del Ministero della Difesa britannico è stata generata da una sentenza che ha riconosciuto un risarcimento di 100.000 sterline a tre soldatesse della RAF che avevano intentato causa contro il Ministero per i danni fisici alla schiena ed alle articolazioni subiti per eseguire le marce con i propri colleghi uomini. Problemi fisiologici hanno invece consigliato di ridurre il passo per leformazioni femminili e, nel caso in cui le soldatesse si trovassero in formazione mista con gli uomini, saranno proprio loro a dettare la cadenza di marcia all'intero reparto. Le soldatesse di sua maestà si sono così viste riconoscere il diritto ad un diverso trattamento in seno alle forze armate...... ma come sembrano lontani i tempi in cui il soldato Jane Demi Moore rivendicava di poter essere ammessa allo stesso standard addestrativo dei suoi commilitoni maschi.

lunedì 4 novembre 2013

IV Novembre


4 Novembre 2013, 95° annuale della Vittoria - Giornata delle Forze Armate e Festa dell'Unità Nazionale

lunedì 28 ottobre 2013

Salerno: i ragazzi del '43


E' in uscita un'interessante opera di Antonio Palo, Salerno: i ragazzi del '43 - La guerra e la memoria. Il libro realizza un affresco della Salerno bellica dai toni sereni, privo delle facili retoriche dei racconti di guerra, è il racconto, dalla viva voce dei testimoni, all'epoca giovani o giovanissimi, che hanno vissuto quei momenti in prima persona. Una testimonianza, uno sguardo nel passato privo di astio e rancore, forse con solo un velo di malinconia. E' edito dalla Scrittorio Edizioni.

mercoledì 9 ottobre 2013

Addio al Generale Giap


Alla veneranda età di 102 anni si è spento in un ospedale militare di Hanoi il generale Vo Nguyèn Giap, eroe dell'indipendenza vietnamita e primo teorico dell'impiego su vasta scala della strategia della guerriglia. Nato nel 1911 in un piccolo villaggio della regione centrale dell'allora Indocina da una famiglia di contadini, ebbe modo di studiare presso le scuole francesi apprendendo i primi rudimenti di strategia dallo studio delle campagne napoleoniche. In gioventù fu iniziato alla politica presso i circoli nazionalisti vietnamiti che operavano per contrastare il dominio coloniale francese, per poi iscriversi al neocostituito Partito Comunista Vietnamita nel 1930. Animatore delle cellule comuniste per un decennio fu poi inviato in Cina allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale per perfezionare le tecniche di resistenza all'invsione Giapponese, fu in questo periodo che prese contatti con Ho Chi Minh che gli affidò il comando delle formazioni armate del Vietminh, il movimento di liberazione nazionale. Con l'appoggio americano e cinese fu uno degli artefici della sconfitta dei giapponesi nel 1945 dirigendo personalmente la decisiva battaglia di Hanoi.

Ottenuta l'indipendenza del nord del paese il 2 settembre del 1945 iniziò per il Vietnam un difficile periodo di convivenza con il governo coloniale francese che continuava a controllare il sud del paese, portando già nel 1947 ad una nuova guerra. Fu in questo conflitto che Giap costruì la propria fama mitica di "Napoleone Rosso" conducendo per sette anni un esercito di contadini male armati in una intensa guerriglia contro le preponderanti forze francesi che alla fine furono sconfitte nell'epica battaglia di Dien Bien Phu, un avamposto fortificato nella jungla difeso da oltre diecimila uomini che la Francia reputava inespugnabile. Giap seppe condurre con spietata durezza ma estrema efficacia le operazioni, dimostrandosi sempre incurante delle elevatissime perdite cui sottoponeva il proprio esercito pur di giungere alla vittoria finale. Le stesse dottrine risultarono vincenti anche nella guerra che dal 1965 vide il Vietnam contrapposto agli Stati Uniti intervenuti per limitare l'espansione comunista nel sud-est asiatico. Nonostante la sproporzione di uomini e mezzi l'esercito regolare nordvietnamita e le bande Viet Cong riuscirono a costringere americani e sudvietnamiti sulla difensiva con una serie di offensive non vincenti ma altamente logoranti, come quella del Tet nel gennaio '68 o l'offensiva di Pasqua del 1972.

Costretti gli Stati Uniti a ritirare le proprie truppe a fronte di perdite ingentissime i nordvietnamiti poterono dilagare agevolmente nel Vietnam del Sud espugnandone la capitale Saigon il 30 aprile 1975. Fu la vittoria che consacrò Giap tra i massimi strateghi della storia  mito vivente dei movimenti antimperialisti. Si dedicò dagli anni settanta ad una vasta produzione letteraria e manualistica ricoprendo al contempo anche il ruolo di Vice Primo Ministro e Ministro della Difesa e rimanendo il principale punto di riferimento delle gerarchie comuniste anche dopo aver abbandonato per motivi di salute tutte le cariche nel 1982. Negli ultimi anni, emarginato dal regime e ridotto nel ruolo di "monumento vivente", fu contrario alle svolte riformiste ed eccessivamente filocinesi della nuova dirigenza vietnamita impegnandosi anche in una campagna a difesa dell'ambiente e delle foreste del paese asiatico contro l'incontrollato sviluppo urbano e industriale degli anni duemila. 

sabato 14 settembre 2013

Uomini contro l'idiozia

Il film "Uomini Contro" di Francesco Rosi è oggi una delle più apprezzate pellicole in tema di prima guerra mondiale ed è un esempio di quel cinema nostrano che, dopo essere stato utile strumento di propaganda guerresca durante il famigerato ventennio, nel dopoguerra si riconvertì ad uno spirito antimilitarista e dissacratore. Il film è un capolavoro di antimilitarismo militante, eppure Rosi ci ha regalato altre pellicole di indubbio valore, ispirato al libro "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu, interventista pentito che negli anni '30 pubblicò i propri ricordi di ufficiale tra le trincee della grande guerra.
Una delle scene più famose è sicuramente quella in cui, spinti dal tronfio, ottuso e imbrociato generale (sono tutti così gli ufficiali superiori nei nostri film) i poveri fanti italiani vanno all'assalto ricoperti da mastodontiche corazze d'acciaio modello "Pasina" nella certezza di essere invulnerabili alle pallottole, purtroppo in pochi secondi sono tutti falcidiati dalle mitragliarici.

Questo lo spezzone dell'assalto:



Una delle scene più false e cretine della nostra cinematografia, al punto che anche Lussu prese le distanze dal film e ritenne che la propria opera fosse stata snaturata. Eppure Rosi ha sempre difeso il suo lavoro e in merito alla scena delle corazze è arrivato a dire: "C'è perfino la vicenda, tragica e grottesca insieme, delle corazze Pasina. Secondo i nostri comandi avrebbero dovuto preservare i militari dalle pallottole austriache. Le ho ricostruite con attenzione seguendo la documentazione dell'epoca. Ebbene, le famose corazze Pasina erano un'altra beffa per i nostri soldati. Appena misero il naso fuori dalle trincee, vennero falciati senza scampo". In realtà nulla è stato ricostruito con attenzione, a partire dal nome dell'oggetto, non sono mai esistite infatti le cosiddette "Pasina", mentre sono realmente state impiegate le corazze Farina, protezioni individuali per i combattenti di tipo ed uso completamente diverso da quanto mostrato nel film. Erano un sistema di protezione per il tronco, la testa e gli arti speriori in piastre d'acciaio snodate, progettato dall'ingegner Ferruccio Farina sulla scia di anologhe realizzazioni che si andavano brevettando in quel periodo in Inghilterra, Francia e Germania. Erano destinate ad equipaggiare piccoli nuclei di arditi e guastatori, le famose "Compagnie della Morte", che di notte o alla prime luci dell'alba avevano il compito di strisciare fin sotto i reticolati nemici per aprire dei varchi con le pinze tagliafili.

Un gruppo di guastatori con equipaggiamento Farina


Queste corazzature furono perfezionate durante tutta la durata conflitto e rimasero in uso sino al termine. Non erano certo ritrovati invulnerabili ma erano comunque in grado di offrire una discreta protezione dal tiro a distanza delle armi individuali e dalle schegge di maggiori dimensioni. Nulla di più lontano da quel che mostra Rosi, con quei soldatini mandati allo sbaraglio in pieno giorno come se andassero ad una scampagnata, chiusi dentro scafandri a metà strada tra l'armatura medioevale e le tute di Star Wars. La descrizione che ne da Lussu in "Un anno sull'altipiano" è però abbastanza precisa e corretta circa impiego e caratteristiche, per cui la totale incongruenza del film è da addebitare alla voglia di strafare degli sceneggiatori, tutti protesi a costruire l'immagine della guerra assurda e crudele divoratrice di uomini. La realtà fu ben diversa invece ed a testimoniare la bontà del progetto ci furono alcune versioni aggiornate impiegate da altri esercito nel corso della seconda guerra mondiale. Quanto alle corazze mostrate da Rosi ed agli "attenti studi" che afferma d'aver condotto c'è da dire che molto probabilmente si ispirò non tanto alle Farina italiane quanto piuttosto a questa:
Si trattadi un modello di Body Armour che fu sperimentata da inglesi ed americani ma che ebbe un uso molto limitato e rimase perlopiù allo stadio di prototipo. Chissà quanti, guardando il film, crederanno d'aver scoperto uno sconosciuto e drammatico episodio della guerra in trincea, mentre invece si tratta soltanto d'un suggestivo espediente cinematografico che rappresenta una colossale, ma inesistita, idiozia militare.

martedì 2 aprile 2013

Il sarto di Pyongyang


Nel commentare questa foto, pubblicata a tutta pagina, Giampaolo Visetti su Repubblica dell'11 marzo scrive: "L'ultimatum di Kim Jong-un scade oggi e il dramma del "giovane leader" è che lui è anche l'unico che sembra prenderlo sul serio. La sua immagine in una trincea sull'isola di Ma, con il cappotto verde da generale, il binocolo attaccato agli occhi e un attendente-bambino alle spalle, ha fatto il giro del mondo. Pare impossibile che questa misteriosa caricatura di tondetto dittatore, con le tempie rasate e una cresta a metà tra Balotelli e Psy, sia sul punto di scatenare il primo conflitto nucleare globale". Confesso di aver tirato un cazzotto sul giornale mentre leggevo, è pur vero infatti che Kim Jong-un sia da anni un Daejang, cioè Generale d'Esercito, e che da sia comandante supremo dell'Esercito Popolare Coreano, ma non c'è bisogno certo d'essere un esperto di uniformologia per capire che quello che indossa è un "semplice" cappotto civile privo di qualunque distintivo militare. Come si possa scrivere una castroneria simile su una immagine che è proprio lì sotto il naso resta un mistero, anche se, rileggendo l'articolo, si comprende meglio il perchè dell'errore. E' un pezzo che sconfina nel giornalismo militante e abbandona sin da subito il ruolo di cronaca, infatti ciò preme all'articolista non sono i fatti (seppur avesse indossato un soprabito giallo a pois per lui sarebbe cambiato poco) ma piuttosto la propria opinione, il proprio intento di descivere il personaggio come un dittatore da operetta, di screditarlo e ridicolizzarlo. Abbiamo capito che a Visetti Kim Jong-un piace poco e che i suoi propositi bellicosi gli piacciono ancora meno, ma perchè dobbiamo sorbirci la riflessione sul "tondetto dittatore" e la descrizione semiseria della sua pettinatura? Cosa aggiungono al fatto in sé? Direi che aggiungono molto poco, tanto quanto l'inutile pennellata emozionale sul presunto "attendente-bambino", chissà come fa Visetti a sapere che è l'attendente del dittatore e come fa a conoscerne l'età.

Così quel cappotto, così diverso dai soprabiti che in molte altre foto si vedono indossati dai generali nordcoreani, diventa il pretesto per attrbuire ad un personaggio poco amato la qualifica di dittattore-cattivone-buffone che tanto piace ad una vasta parte della stampa con buona pace dei fatti veri.

domenica 24 marzo 2013

La via dell'elmetto

Fu la gloriosa ed invitta III Armata del Duca d'Aosta a pubblicare il più noto dei giornali di trincea della Grande Guerra "La Tradotta", dal nome dei treni che incessantemente portavano verso la prima linea quella generazione d'italiani che, nel bene o nel male, compì l'ultimo atto dell'unità italiana. E' in omaggio a quei tempi eroici ed a quei pionieri del giornalismo in bilico tra informazione e propaganda (ed a distanza di quasi un secolo, ancora oggi, non mi sembra che le differenze possano scorgersi nette) che questo spazio virtuale ha voluto assumere un nome evocativo che rimandi immediatamente, ma in maniera volutamente ricercata, ad atmosfere da trincea, da accademia militare, da parata in piazza d'armi. Questo blog è un esperimento che nasce da due esigenze fuse nella stessa deviata personalità. La prima è parlare di tematiche storico-militari, una passione antica che porta con sé anche la convinzione della sua centralità nella storia umana, la storia del mondo non è infatti un susseguirsi di guerre e conflitti? Si può dire allora che puttosto che con la penna e l'inchiostro quella storia, la nostra storia, è stata scritta con le baionette intinte nel sangue. La tattica, le strategie, l'uniformologia, gli albi d'onore, i campi di battaglia ed i monumenti ai caduti sono elementi fondanti di quel che siamo oggi, specchio fedele di quel che vorremmo essere ed espressione di quel che siamo realmente, al di là dei luighi comuni incancreniti e della retorica ma con un approccio più schiettamente scientifico. Pertanto forse non è il caso di abbandonarsi a fantasticherie pacisfiste o ad isterismi antigallonati ma si può rileggere, con spirito franco e pragmatico, il genio di Machiavelli accanto all'abile von Clausewitz, sono guerrafondaio? No, belligerante si!
Ma anche lo sdegno di un modesto giornalista di provincia stanco di leggere le colossali stupidate di suoi titolati colleghi sui giornali nazionali ha giocato un ruolo importante nella nascita di questo zibaldone con l'elmetto, sono infatti vergognosamente ignoranti (o spudoratamente mentitori) molti di quelli che, ignorando la differenza che intercorre tra una banana ed una mina anticarro, pretendono di raccontare sui media nazionali eventi bellici di rilievo mondiale ma anche episodi di cronaca di quindicesima pagina. Si tratta d ignoranza e di approssimazione in molti casi, ma talvolta anche di una deliberata volontà disinformativa che mira a creare suggestioni ed opinioni indotte pronte all'uso confidando sull'indifferenza e sulla scarsa capacità di analisi d'una popolazione che, per natura refrattaria all'approfondimento, è ancorata sull'argomento, nel migliore dei casi, alle nozioni militari apprese durante la leva due decenni fa.

A chi dovesse trovarsi tra queste pagine capiterà di leggere di macroscopici errori giornalistici e di antichi quanto infondati luoghi comuni, e si troverà davanti corpose dissertazioni su lontani eventi storici o sulle sfumatore cromatiche d'una divisa, il tutto nell'ottica di una migliore comprensione di certi fenomeni e di una divulgazione meno sensazionalistica e più circostanziata. Mi si consenta una dedica finale a dei personaggi, noti e meno noti, che in qualche modo hanno influito sulla mia formazione, invocandone la benevolenza: all'aviere Raffaele Nugnes, ad Amedeo Guillet, ad Ezio Garibaldi, ad Armando Diaz, al Maresciallo d'Italia Ettore Bastico, al generale Giuseppe Pianell.

martedì 12 marzo 2013