mercoledì 22 febbraio 2017

L'esercito siciliano di Vittorio Amedeo II

Vittorio Amedeo II di Savoia

Vittorio Amedeo II, Duca di Savoia dal 1675, ottenne il titolo di Re di Sicilia dopo una lunga trattativa con gli emissari di Filippo V, il quale pose numerose condizioni per la cessione dei domini siciliani, che portò alla firma dell’atto di cessione il 13 luglio del 1713. Per la prima volta dal 1409 il Regnum Siciliae riacquistava la propria indipendenza politica e la propria fisionomia territoriale. Il programma del sovrano sabaudo era ambizioso, dopo aver ricostruito e difeso per gran parte della sua vita il ruolo e l’indipendenza del piccolo stato subalpino, Vittorio Amedeo era intenzionato alla edificazione di un regno di rilevanza europea che ne avrebbe definitivamente consacrato il prestigio.

Ufficiali del Reggimento Real Marina nel 1714

L’opera di riordino del Regno, oltre ad incidere profondamente sulla fisionomia della amministrazione su caratteri propri dei domini piemontesi, toccò particolarmente  anche la organizzazione militare del Regno.  L’esercito fu organizzato anch’esso sul modello piemontese:  il fulcro era costituito dai Reggimenti di ordinanza nazionale, su più battaglioni perennemente mobilitati e posti direttamente alle dipendenze del sovrano in campagna, ad essi si aggiungevano i Reggimenti provinciali, articolati su un battaglione solo, posti di guarnigione territoriale in ciascuna provincia dello stato. Al suo arrivo  Vittorio Amedeo  aveva portato con sé un piccolo esercito di seimila effettivi, che comprendeva il reggimento di cavalleria Dragoni di Piemonte, sei battaglioni di fanteria nazionale piemontese ed un reggimento svizzero, ma nel corso del 1714 vennero costituite nuove unità interamente siciliane, poste al comando della migliore aristocrazia locale: il principe Giuseppe Alliata di Villafranca ebbe il comando della Compagnia Siciliana Guardie del Corpo, il reggimento di fanteria Valguarnera-Sicilia fu affidato al principe Francesco Saverio di Valguarnera, il Reggimento Gioeni fu costituito direttamente da Francesco Gioeni dei duchi d’Angiò. Queste forze imponenti furono impiegate principalmente nel ristabilimento dell’ordine interno, con una dura campagna contro il brigantaggio che minacciava le città interne e la sicurezza delle comunicazioni nell’entroterra. La Marina da guerra era invece destinata ad operare in contrasto alla pirateria barbaresca che infestava le rotte del Mediterraneo meridionale,  l’obbiettivo più stringente era infatti la salvaguardia delle coste siciliane e la tutela dei collegamenti tra Palermo e Villafranca di Nizza, la piccola base navale piemontese. Nel 1717 fu emanato il primo “Regolamento della Marina”. Nel complesso, la Reale marina siciliana fu composta originariamente da quel che restava della squadra navale ceduta dalla Spagna, con una sola galera, la Militia, in ordine di battaglia, ed un battaglione piemontese di marina, poi, tra il 1716 e il 1717, a Palermo furono varate altre cinque galere e tre velieri, che andarono a costituire l’ossatura della flotta. Questa operò di concerto con la Marina mercantile, al cui potenziamento, per sostenere i traffici commerciali verso la Francia e verso oriente, furono dedicate ingenti risorse.

  Annibale Maffei, Viceré di Sicilia

Lo spirito irrequieto dei siciliani risultava difficilmente conciliabile con le esigenze di controllo e di normalizzazione proprie della mentalità sabauda, inoltre, le mire di Filippo V di Spagna di ristabilire la propria influenza sulla penisola italiana, rendevano instabile la permanenza dei Savoia in Sicilia, per di più nella fragilità della pace europea. Gli equilibri furono rotti nel giugno 1718, quando una potente armata spagnola invase l’isola potendo contare sull’appoggio di gran parte della nobiltà locale, la rapida avanzata degli spagnoli contro le esigue forze siciliano-piemontesi scatenò la sollevazione delle corporazioni commerciali palermitane, desiderose di veder tutelati gli antichi privilegi, che costrinsero alla fuga il governo vicereale. Incaricato del comando supremo delle forze piemontesi sull'isola fu il conte Annibale Maffei, Generale dell'esercito ducale che si era già messo in luce, da giovane ufficiale, durante la battaglia di Staffarda, e che era stato nominato Vicerè di Sicilia nel 1713, con il grado militare di Gran Maestro d'Artiglieria. Mentre numerose città caddero in mano spagnola, Vittorio Amedeo affidò l’estrema resistenza del proprio Regno alle forze della Grande Alleanza,  che condusse una lunga guerra in terra siciliana fino al 1720. 

L’impossibilità di conservare il difficile dominio e l’opposizione dell’Inghilterra, che con la sua flotta era stata determinante nella battaglia di Capo Passero per la sconfitta degli spagnoli, convinsero Vittorio Amedeo II a rinunciare alla corona di Sicilia in cambio del Regno di Sardegna. Il sovrano sabaudo maturò la consapevolezza che il suo Stato non era ancora pronto ad assumere il ruolo di grande potenza mediterranea che risultava quale corollario del possesso della Sicilia.