martedì 31 marzo 2020

L'uniforme di Arafat

Il leader palestinese Yasser Arafat ha passato la sua intera vita a combattere, sin da quando, nel 1956, si arruolò nell'esercito egiziano durante la crisi di Suez, combattendo nella prima guerra del Sinai contro gli israeliani. Personalità complessa e personaggio spesso discusso, Arafat, da quando ha assunto un ruolo di primo piano nell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha sempre indossato una uniforme, mostrandosi solo raramente in borghese, come in occasione del famoso discorso all'ONU del 1974, durante il quale, però, aveva la pistola al fianco. A partire dal decennio successivo, quando il suo ruolo di interlocutore internazionale diverrà sempre più affermato, Arafat affiancherà all'immagine del guerrigliero quella dell'uomo di stato, pur senza mai abbandonare l'aspetto marziale, con l'aggiunta dell'immancabile kefyah, che gli derivava dall'essere, dal 1970, comandante dell'Armata per la Liberazione della Palestina, poi, dal 1970, comandante in capo delle forze rivoluzionarie palestinesi, cui assommerà, nel 1989, la carica di presidente dell'autoproclamato Stato Palestinese.


Sul campo insieme ai guerriglieri


In occasione della firma degli accordi di pace di Oslo del 1993


In moltissime immagini, dall'inizio degli anni '80, la guida dell'indipendentismo palestinese compare non più con le giubbe da campo e gli scarponi tipiche degli anni della guerriglia, ma, specie nelle cerimonie pubbliche e negli incontri ufficiali, con una particolare divisa formale di foggia occidentale, molto sobria che lo accompagnerà fino al grande momento di consacrazione della sua vita: la consegna del premio Nobel per la pace. Quella particolare tenuta, ad osservarla bene, ha tutta l'impressione di essere una uniforme ordinaria italiana da truppa modello 1973, composta da giacca a quattro tasche e pantaloni lunghi in tessuto di lana color cachi. Una tipica fornitura dell'amministrazione militare. Arafat la sfoggiò in diversi incontri proprio con i dirigenti dei partiti della sinistra italiana che appoggiavano la causa palestinese, o durante visite in Italia, in occasione della firma del trattato di Oslo, che sancì il riconoscimento ufficiale dell'OLP e rappresentò una pietra miliare nel processo di pace in medio oriente, ed in occasione della consegna del Nobel nel 1994.


 
Con la moglie Suha alla cerimonia di insediamento di Nelson Mandela nel 1994


Consegna del premio Nobel


Arafat con Andreotti e De Mita a fine anni '80


Arafat con Lamberto Dini negli anni '90


E' una ipotesi non troppo fantasiosa, del resto sono noti gli stretti contatti politici tra Italia e fronte palestinese, a partire dal non troppo leggendario "lodo Moro", accordo di tacita benevolenza reciproca, che sarebbe stato concluso tra l'esponente democristiano Aldo Moro e George Abbash, capo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Secondo quell'accordo il governo italiano avrebbe consentito il passaggio indisturbato sul territorio nazionale di uomini ed armi della resistenza palestinese, ottenendo l'immunità del paese da qualsiasi azione terroristica. Non è da escludere che in quel flusso di materiale sia potuto finire un piccolo lotto di uniformi dell'esercito, allungato da qualche funzionario compiacente dei servizi segreti italiani, oppure le divise potrebbero essergli state fatte recapitare da Craxi all'epoca in cui era alla guida del governo, dopo l'incontro avvenuto a Tunisi nel 1984. E' infatti dopo quell'anno che la figura simbolo della resistenza araba in Palestina inizia ad adoperare quella particolare divisa, personalizzata sostituendo i bottoni, aggiungendo sull'omero uno scudetto metallico con i colori nazionali palestinesi e appuntando vari distintivi sul petto.

Con Shimon Peres, si nota il tessuto della giacca e lo scudetto metallico






Vista fronte/retro di una giubba mod.73 dell'Esercito Italiano



Durante la cerimonia di Oslo, dall'inquadratura si nota chiaramente la martingala della giacca


Vi sono alcuni dettagli che paiono inconfondibili e che militano per una identificazione certa dell'uniforme: in primo luogo il colore ed il taglio peculiare delle tasche e dei baveri a dente, ma, soprattutto, la presenza di una finta martingala cucita posteriormente alla giacca, elemento caratteristico delle uniformi italiane in uso fino al 1987. Questa uniforme lo accompagnerà in tutti i viaggi all'estero e tutte le uscite solenni fino alla metà degli anni '90, quando, probabilmente complice l'avanzare dell'età e l'impossibilità di aver nuove forniture, la sostituì con nuove tenute di produzione locale, dalla foggia meno formale e dal taglio più ampio. Forse è solo una suggestione, ma più si guarda quella giubba che l'ha reso famoso e più sembra proprio una uniforme italiana, l'approfondimento del tema, al di là del dettaglio specifico, aprirebbe una riflessione interessante sul ruolo geopolitico dell'Italia in Medio Oriente in un determinato contesto storico.


Viaggio in Italia dell'ottobre 2001, la divisa ha un taglio assai più sportivo e semplice. Fu l'ultima missione all'estero dell'anziano raìs palestinese