lunedì 1 luglio 2019

Francesco D'Andrea, il comandante umile


Francesco D’Andrea era nato a Gaeta nel 1907, negli ultimi anni della sua vita si presentava come un attempato signore dall’aspetto distinto e dai profondi occhi azzurri che, passeggiando in compagnia di amici più giovani, discorreva piacevolmente del più e del meno. Chi lo conosceva lo chiamava “Colonnello D’Andrea”, nonostante avesse raggiunto, con la pensione, il grado di Generale di Brigata. L’umiltà che lo aveva sempre contraddistinto forse, dipendeva proprio dall’aver conosciuto la guerra e perciò egli appariva semplice, ma mai vanitoso del suo passato. Nell’ascoltare, le sue narrazioni avevano il sapore del mistero pari a quello ricavato dal leggere un libro di Salgari e affondavano direttamente nei suoi ricordi di guerra.

Giovane ufficiale d’Artiglieria di complemento era stato destinato nel 1937 all’Africa Orientale, comandante di un plotone di ascari cammellati, unico italiano in un reparto di indigeni, preposto al controllo delle linee di confine tra il giovane impero italico ed i possedimenti britannici. Egli presentava con ironia i rapporti che intercorrevano, prima dello scoppio del conflitto, tra lui e un ufficiale inglese che svolgeva il suo stesso incarico operativo e con il quale era solito scambiare sigarette italiane con cioccolata e liquore d’oltremanica, ricordava con meraviglia come i suoi ascari cucinassero enormi uova di struzzo al sole degli altipiani africani,  elogiava la fedeltà incondizionata del suo plotone, fino al momento in cui, volgendo al peggio le sorti della guerra italiana, per ordine degli Stati Maggiori lo dovette congedare, ricorrendo alle maniere forti per i più riottosi che non volevano svestire la divisa, solo per evitare che quei soldati potessero incorrere nella furia omicida delle truppe etiopi al seguito degli inglesi, che li avrebbero torturati ed uccisi in maniera atroce. In quel periodo D’Andrea aveva conseguito una promozione per merito di guerra. Era entrato in servizio permanente nell’esercito, ed il suo valore gli avrebbe in seguito, meritato una medaglia di bronzo al valore militare, nei duri combattimenti a cui aveva partecipato, tra il 26 e il 31 gennaio 1941 nella difesa dell'Impero. Appariva sincero nei suoi commenti e spesso si soffermava sulle difficoltà organizzative e logistiche, a cui si erano trovate esposte le nostre truppe, a suo dire sommariamente preparate alla guerra. Era stato catturato da parte delle truppe inglesi, contro le quali alla fine si erano trovato a combattere inquadrato nella 46ª Brigata Coloniale, dopo  essere riuscito col proprio reparto a fermare temporaneamente l’avanzata dei carri armati nemici, durante l’epica battaglia per la difesa di Cassala nello scacchiere nord dell’Africa Orientale. Era riuscito a scappare per ben due volte da un campo di concentramento inglese in India, ove era stato trasferito nell’estate del 1941, e spesso narrava di come, dopo essere stato ripreso in compagnia di un tenente dei carabinieri, per distoglierlo dal ritentare nuovamente la fuga, il comandante del campo di prigionia lo aveva fatto anestetizzare dai sanitari e gli aveva fatto estirpare tutti i denti.

Nonostante i fatti vissuti, mai ebbe a perdere la gioia della vita e continuava col ricordo a tenere desto e ad insegnare il senso della dignità personale e del rispetto verso gli altri. Tali qualità le conservò e le testimoniò sempre, fino a quando, in punta di piedi, raggiunse la sua compagna di vita, deceduta qualche mese prima, e amata con una dedizione paragonabile solo a quella con cui aveva servito la patria. Questo era Francesco D’Andrea, puro di cuore e dagli occhi color del cielo: azzurri come il suo vecchio modello di automobile che continuava guidare nonostante l’età, azzurri come la sua sciarpa da ufficiale, la vecchia Savoia, che aveva onorato con quaranta anni di vita con le stellette.

Questa la motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare:

Sottocomandante di Batteria da 65/17, durante 5 giornate di duri combattimenti si prodigava oltremisura nella condotta e nell’esecuzione del fuoco contro forze preponderanti. Ricevuto l’ordine di ripiegare su posizioni arretrate, nonostante le perdite subite e la situazione resa grave dall’incalzante avversario, riusciva, con audaci azioni di contrassalto a contenere l’aggressività e a porre in salvo il suo reparto: Avuto sentore che una stazione radio da campo era rimasta arretrata, si portava in zona particolarmente battuta e riusciva dopo eroici sforzi a recuperare il mezzo efficiente.
Africa Orientale 26 – 31 gennaio 1941

Salvatore Palladino