mercoledì 21 dicembre 2016

Capitano dei Carabinieri, 1923



L'ufficiale dell'illustrazione è un Capitano con indosso l'uniforme ordinaria modello 1900, introdotta quale uniforme di servizio e di campagna. Giubba e pantaloni sono in colore turchino scuro, anche se talvolta il colore reale adoperato era un vero un proprio nero. La giubba ha la bottoniera coperta ed il petto è attraversato da un doppio gallone di passamaneria nera che copre anche i taschini superiori, il collo è ornato dagli alamari ricamati in filo d'argento, le spalline, filettate di rosso, recano i distintivi di grado, costituiti da tre stellette argentate. I pantaloni corti da cavallo recano all'esterno la pistagna rossa singola tipica degli ufficiali dei Carabinieri, e sono infilati negli stivali alti. Sotto la divisa indossa la camicia bianca con colletto dritto amovibile. Il berretto è il chepì anch'esso in panno turchino scuro sul quale spicca il tipico fregio con la granata fiammeggiante, ricamato in oro ed argento i gradi sono rappresentati da tre galloni argentati che girano attorno a tutto il copricapo. Guanti in cuoio naturale e frustino completano la dotazione. Questa tipologia di uniforme fu sospesa nel 1915 al momento dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, sostituita dalle tenute grigioverdi, ma fu ripristinata nel 1923 rimanendo in uso, sia pure con talune variazioni, per dieci anni, fino all'introduzione delle nuove uniformi "modello Baistrocchi" nel 1933.

Illustrazione di Giorgio Cantelli
tratta da V. Pezzolet "Rosso, Argento e Turchino" - Vol. 3, Ente editoriale Arma dei Carabinieri, Roma 2001

mercoledì 30 novembre 2016

La Marina testa il missile Aster 30


Lo scorso 22 novembre la Marina Militare Italiana ha lanciato per la prima volta un missile Aster 30 telemetrico. Il lancio è stato effettuato dalla fregata Bergamini, presso il poligono sardo di Salto di Quirra, ed è stato un successo secondo quando hanno riferito i vertici della Marina. Il lancio rientra nel programma missilistico terra-aria di auto-difesa estesa SAAM ESD, volto a qualificare il sistema missilistico e gli equipaggi, e si concluderà all'inizio del 2017 testando la modalità integrata di lancio con il sistema di combattimento di bordo. Il sistema missilistico Aster 30 rappresenta un vanto dell'alta tecnologia dell'industria nazionale della difesa, è prodotto sotto la responsabilità della società italiana MBDA IT,  ed è composto da un calcolatore AGIS per le funzioni di comando e controllo, da un radar multifunzione attivo MFR-A (Multi Function Radar – Attivo) per le funzioni di ricerca, scoperta e tracciamento bersagli, da un sistema guida missili e dal gruppo di due moduli di lancio verticale Sylver A-50. Il sistema SAAM ESD  - acronimo di Surface to Air Anti Missile System Extended Self Defence - una volta entrato pienamente a regime, consentirà di innovare ed ampliare il concetto di autodifesa della singola unità addetta al lancio, estendendo le funzioni anche alla difesa di altre unità, come nel caso di un gruppo navale impegnato in attività operativa congiunta.

martedì 8 novembre 2016

Ammiraglio Francesco Ruta, una vita sul mare

    

     Francesco Ruta vide la luce il 3 marzo del 1899, ad Aversa, nell’antico palazzo dei marchesi de Marinis in via Roma ove da tempo si era stabilita la sua famiglia. Suo padre era il Maestro Alfonso Ruta, insigne musicista e compositore che preferì legare la propria esistenza alla città natìa, ove fu a lungo maestro di musica ed animatore di eventi pubblici, piuttosto che seguire il suo genio verso la grande fama internazionale che pure avrebbe meritato. Sua madre era Maria Bassino dei Marchesi de Marinis, donna di antico casato e di grande personalità che diede alla luce quattro figli, oltre a Francesco nacquero infatti Alessandro, Luigi, Eleonora e Anna. Il giovane Francesco frequentò ad Aversa il ginnasio del Liceo “Domenico Cirillo”, tradizionale fucina dei talenti aversani, ma a soli quattordici anni abbandonò la vita civile e si iscrisse ai corsi dell’Accademia Navale di Livorno conseguendo in breve tempo la nomina a Guardiamarina nel 1917. Partecipò dalla fine del 1917 alla Prima Guerra Mondiale, prese parte alle operazioni in Adriatico imbarcato sulla nave scuola Flavio Gioia e successivamente a bordo della corazzata Regina Elena. Pose le basi per una luminosa carriera che lo vide emergere rapidamente nelle fila della Regia Marina. Tra il 1928 e il 1930, con il grado di Capitano di Corvetta, fu al comando di diverse torpediniere costiere ed ottenne il suo primo comando importante sulla tolda della cannoniera Aurora.

Nei primi anni ’30 fu direttore di tiro a bordo dell’incrociatore pesante Trieste, verso la fine del 1931 fu imbarcato come Comandante in 2ª sull’incrociatore Libia che compì una campagna di circumnavigazione del globo durata svariati mesi. Poco tempo dopo, nel 1932, assunse il comando della cannoniera Caboto dislocata a Shanghai, in Cina, a protezione della concessione commerciale italiana di Tientsin. A bordo della Caboto compì un lungo ciclo operativo in estremo oriente avendo come base Tientsin ed effettuando ripetute perlustrazioni sui fiumi interni cinesi tra Shanghai e Hankow, nel 1932 assunse il comando del Battaglione Italiano in Cina, un reparto terrestre incaricato di garantire la sicurezza degli interessi italiani. Dopo essere brevemente rientrato in patria, in virtù della competenza acquisita nella realtà orientale, venne destinato nuovamente alla missione militare in Cina presso il Comando della Divisione Navale dell’Estremo Oriente, promossa dal Ministero degli Esteri nel 1936. Fece ritorno in Italia nel 1937. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale era in servizio presso SUPERMARINA, al quale era stato assegnato dall’estate del ’40. In questo particolare ambiente seppe muoversi con la consueta competenza e decisione, coadiuvando al meglio le scelte dei vertici della Marina da Guerra, le sue doti non passarono infatti inosservate e dopo solo pochi mesi, nel febbraio 1941, fu promosso Capitano di Vascello. A maggio di quello stesso anno riprese la via del mare, il giorno 6 si imbarcò a bordo dell’incrociatore pesante Bolzano assumendone il comando, gli fu affidata una delle navi da battaglia più moderne della nostra flotta, veloce e potentemente armata, con la quale fu duramente impegnato per tutta l’estate del 1941 nelle missioni di scorta ai convogli che nel canale di Sicilia assicuravano i rifornimenti dalla madrepatria al fronte nordafricano. L’incrociatore Bolzano rappresentava la punta di eccellenza della marina italiana, varato nel 1932, apparteneva alla classe degli incrociatori pesanti “Trento”, di cui era una particolare evoluzione con specifiche peculiarità di costruzione che ne fecero un unicum fra le navi italiane.  Aveva un dislocamento a pieno carico di oltre 13.000 tonnellate, una lunghezza di 196 metri ed una larghezza massima di 20 metri. L’equipaggio era costituito da circa 700 marinai guidati da 25 ufficiali, una notevole massa di uomini per guidare la quale erano necessari una grande saggezza ed un innato carisma, doti che Ruta dimostrò sin da subito di possedere. Tutti i membri dell’equipaggio erano poi ispirati e trascinati all’ardimento dal motto che contraddistingueva la nave “A magnanima impresa intenta ho l’alma”.
L'incrociatore Bolzano nel 1942

Il comportamento impeccabile ed eroico tenuto nei tragici momenti di quell’estate gli valsero importanti riconoscimenti, fu decorato della Medaglia d’Argento al Valor Militare per l’eroico salvataggio del Bolzano del mese di luglio, e della Medaglia di Bronzo per le operazioni di soccorso dopo il bombardamento su Messina, entrambe le concessioni vennero fatte “sul campo”, segno tangibile della eccezionalità degli atti compiuti e dell’ammirazione che aveva destato nei propri superiori. Ruta tenne il comando dell’incrociatore Bolzano fino al 30 aprile del 1942, quando una improvvisa malattia, con alterni accessi di febbre, probabilmente frutto anche dei lunghi mesi di infaticabile azione di comando e delle gravose responsabilità in mare aperto, lo costrinse a sbarcare e ad un periodo di riposo forzato, lontano dal tuono dei cannoni e dagli spruzzi di spuma marina. Il periodo trascorso a terra durò diversi mesi ed ebbe termine il 15 gennaio del 1943, data in cui Ruta assunse il comando dell’Andrea Doria, una corazzata della classe “Caio Duilio” entrata in servizio già nel 1916 e completamente riallestita subito prima la Seconda Guerra Mondiale. Ormai quarantaquattrenne, giunto al grado di Capitano di Vascello, il Comandante Ruta toccò con questo incarico l’apice della sua carriera in tempo di guerra, si vide affidato un comando prestigioso sulla tolda di una delle maggiori navi da battaglia della marina italiana, benché con un’attività operativa piuttosto limitata. Il 1943 fu anno terribile per le forze armate italiane e per la marina in particolare, il Comandante Ruta si ritrovò a fronteggiare una situazione particolarmente critica, in uno settori più esposti alla costante offesa aerea nemica. Col progredire dei mesi e con l’andamento negativo della guerra la situazione nella base adriatica peggiorò ulteriormente, in particolare dall’estate la minaccia dei bombardamenti fu pressoché quotidiana, suggerendo al comandante dell’Andrea Doria di far tenere sempre pronte le proprie difese antiaeree. 

Francesco Ruta sarà tra gli attori delle tragiche e concitate giornate dell’Armistizio, già il 6 settembre la flotta italiana era stata messa in stato di allarme dalla presenza di una numerosa squadra navale inglese che puntava verso l’Italia centrale, il Comando Supremo aveva quindi disposto che le Forze Navali da Battaglia uscissero in mare al completo per contrastare l’invasione della penisola intercettando la navi alleate nel Golfo di Salerno, dopo poi effettivamente si sarebbe compiuto lo sbarco. Nella serata del 7 il Ministro della Marina, l’Ammiraglio Raffaele De Courten, affidò a Ruta il delicato compito di recarsi l’indomani all’Alto Comando Tedesco a Frascati per concordare con il Feldmaresciallo Kesserling il potenziamento della scorta area tedesca che sarebbe stata assegnata alla flotta italiana durante l’azione di contrasto alla sbarco anglo-americano. Le condizioni dell’azione furono stabilite durante un colloquio diretto tra il Comandante Ruta ed il Feldmaresciallo Wolfram Von Richthofen, comandante della Luftwaffe per l’Italia e il settore del Mediterraneo, i tedeschi avrebbero fornito venti aerea da caccia che si sarebbero affiancati ai dieci apparecchi italiani di scorta, fu anche stilato un dettagliato elenco di aeroporti dislocati lungo la rotta delle navi, dai quali gli aerei sarebbero dovuti decollare per assicurare una costante copertura alla Flotta. Ruta fece appena in tempo a comunicare al Ministero della Marina l’esito del colloquio nel pomeriggio di quell’8 settembre in cui fu annunciato l’armistizio fra l’Italia e le nazioni alleate, ma l’azione contro gli inglesi non ebbe mai luogo, mentre invece una parte della nostra flotta, fra cui l’ammiraglia corazzata Roma, fu colata a picco dai tedeschi il 9 settembre, nella stessa giornata in cui, in ottemperanza alle clausole dell’armistizio, fu ordinato alle navi italiane di consegnarsi agli ex nemici. Ruta rimase bloccato a Roma per alcuni giorni, verso le 17.00 di quel pomeriggio la Doria innalzò le insegne nere come convenuto e partì alla volta di Malta senza il suo comandante. Poche settimane dopo Francesco Ruta raggiungerà i suoi uomini condividendo con loro la triste sorte dell’internamento, mettendosi a disposizione del cosiddetto Regno del Sud.

Ruta a bordo dell'Andrea Doria 

In questo periodo visse anche un particolare travaglio personale in cui si intrecciarono la delusione per il trattamento umiliante a cui le forze angloamericane sottoposero gli equipaggi italiani e le preoccupazioni per la sorte della propria famiglia, poiché, mentre gran parte dei suoi familiari erano rimasti ad Aversa, che si trovava nelle immediate retrovie del fronte della Linea Gustav, suo fratello Alessandro operò negli stessi drammatici giorni una scelta radicalmente opposta, divenendo uno degli ufficiali di vertice delle forze armate della Repubblica Sociale al nord. Nonostante il difficile frangente seppe farsi trovare pronto quando, nell’aprile 1944, fu chiamato ad un nuovo incarico a terra, ricoprì la carica di Capo Reparto presso lo Stato Maggiore della Marina nell’Italia meridionale, con quel che rimaneva della Marina impegnato nella cobelligeranza con gli angloamericani, ed in seguito a Roma ove rimase fino alla fine del conflitto. Vennero gli anni difficili del dopoguerra, durante i quali il paese visse un periodo di profondi rivolgimenti politici e sociali, in una situazione generale di grande povertà materiale che non risparmiò neanche le forze armate, costrette in una grave penuria di mezzi che toccherà in primo luogo la Marina, privata di gran parte del suo naviglio sia dagli eventi della guerra che dalle pesanti clausole del trattato di pace. Mantenne il suo incarico presso lo Stato Maggiore della Marina fino al 1947, in seguito, per quattro anni, resse la Direzione Generale del ricostituito Corpo Equipaggi della Marina Militare, ove profuse a fondo tutte le sue energie per accelerarne la riorganizzazione. Nel 1948 la Medaglia d’Argento conquistata sul campo gli fu commutata nella concessione della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia, nello stesso anno ottenne la promozione ad Ammiraglio di Divisione. Dopo essere tornato brevemente al comando della Direzione Generale del C.E.M.M., col grado di Ammiraglio di Squadra, fu nominato Segretario Generale per la Marina presso il Ministero della Difesa, carica che mantenne per circa tre anni dal 1953 fino alla fine del 1956, quando alla guida del dicastero c’era Paolo Emilio Taviani. Fu questa l’anticamera del periodo più prestigioso della sua carriera, il 28 dicembre 1956 fu designato Comandante del Mediterraneo Centrale delle forze navali NATO e contestualmente Comandante in capo del Dipartimento Militare Marittimo del basso Tirreno con sede a Napoli, un ruolo di altissima responsabilità, al quale fu chiamato per scelta congiunta dei rappresentanti di tutti i paesi dell’Alleanza Atlantica e che seppe assolvere con dedizione impeccabile. Entrò effettivamente nelle sue nuove funzioni all’inizio del 1957 e per tre anni svolse un’intensa attività sia operativa che di rappresentanza in giro per l’Italia e per il Mediterraneo, le foto d’epoca lo ritraggono spesso accanto a Giulio Andreotti, che proprio in quegli anni fu Ministro della Difesa, ed hai vertici militari e politici italiani. A Napoli era, di fatto, l’autorità militare più importante, ospite d’onore delle tradizionali e suggestive parate militari che si tenevano un tempo sul lungomare, nonché oratore durante le cerimonie solenni in Piazza Plebiscito. 

Ovviamente il ruolo di un comandante NATO non poteva prescindere da frequenti impegni internazionali per il coordinamento delle attività operative dell’Alleanza Atlantica, in questa veste nel maggio 1959 compì un viaggio di cinque giorni in Grecia per incontrarsi con il suo omologo, l’Ammiraglio Tsasos, comandante delle forze navali NATO del Mediterraneo occidentale, fu l’occasione per visitare il paese e ispezionarne le potenzialità militari. In quella occasione Ruta fu decorato della Gran Croce dell’Ordine della Fenice, una decorazione conferita sovente agli stranieri che abbiano favorito la Grecia nel suo prestigio internazionale, un tangibile segno di amicizia e stima. Le sue doti e gli importanti servigi resi all’Italia non mancarono del resto di essere riconosciuti anche in patria, ove sin dal 1953 gli era stato conferito il grado di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica, e qualche anno dopo il congedo, nel 1962, sarà gratificato ancora con la massima decorazione dell’Ordine, il cavalierato di Gran Croce.
L'Ammiraglio Ruta passa in rassegna un reparto della Marina greca

L’ultima prestigiosa tappa della sua lunga carriera militare, dopo che all’inizio del 1960 aveva cessato dalle funzioni di Comandante del Mediterraneo Centrale e del Tirreno, fu la nomina a Segretario del Consiglio Supremo di Difesa, il massimo organo di indirizzo politico-militare del paese, presieduto  del Presidente della Repubblica, Francesco Ruta vi partecipò per alcuni mesi, come massimo coronamento della propria storia con le stellette, al termine di quello stesso 1960, infatti, terminò il servizio permanente effettivo e fu collocato in ausiliaria.  Al termine della propria esperienza militare Ruta si dedicò agli affetti ed alla famiglia che continuava a vivere ad Aversa, dove gestiva la storica libreria voluta dal padre Alfonso Ruta che era divenuta una vera istituzione culturale in città. Nel 1960 gli fu offerta la presidenza della neocostituita Selenia, azienda controllata dallo stato che si impose a livello europeo nella costruzione di sistemi elettronici per i satelliti, gli impianti radar ed i sistemi missilistici, la cui sede era a Napoli. Benché si trattasse di un incarico civile, dal suo ufficio napoletano Ruta diresse le attività di una azienda strategica per il settore della difesa nazionale, pose l’esperienza ed il carisma maturati nei lunghi anni in Marina al servizio di una avanguardia tecnologica italiana. Concluse gli ultimi giorni ospite in casa della sorella Anna, che lo accudì negli ultimi tempi alleviandogli le sofferenze della malattia che lo colse e lo accompagnò sino alla morte nel 1975, quando aveva ormai settantasei anni. È sepolto nel cimitero di Aversa, ove, nell'ottobre del 1994 Comitati e Associazioni di Reduci, facenti parte dell’Associazione Marinai d’Italia, per tre giorni hanno reso omaggio alla sua tomba. 

mercoledì 12 ottobre 2016

La forza di una Brigata

Sono trascorsi tre anni e mezzo dall'apertura di questo blog, un tempo non lunghissimo nel quale abbiamo condiviso informazioni, eventi, ricostruito storie, smontato miti, fatto qualche elogio (pochi), dispensato critiche (molte), tutto intorno alle tematiche militari. 

Oggi ho appreso con orgoglio, e non poca soddisfazione personale, che il blog ha sforato quota seimila visite, sulla di eccezionale, per carità, ma è una gratificazione non da poco sapere che ci sono più di seimila persone che hanno letto le mie riflessioni e che sono capitati in questo spazio ricercando informazioni che qui hanno avuto modo di trovare.  Sfogliando le statistiche dei post più seguiti emerge che moltissimi hanno apprezzato le "trancianti" recensioni cinematografiche, molti altri sono alla ricerca di informazioni su argomenti della Grande Guerra e non pochi apprezzano le notizie d'attualità su argomenti particolarmente specifici che difficilmente trovano spazio altrove. Del resto, proprio perché gli argomenti de La Tradotta sono principalmente di nicchia, la cifra dei lettori è piuttosto ragguardevole, anche considerando la provenienza delle visualizzazioni, molti lettori risiedono negli Stati Uniti, seguono, con numeri importanti, Germania, Francia e Russia, ma il blog è seguito anche in Romania, Spagna, Polonia, Inghilterra e persino Thailandia. Da varie parti del mondo sono giunti apprezzamenti e contatti, segno che lo scambio di informazioni produce relazioni impensabili. 

Seimila lettori sono un numero pari agli effettivi di una Brigata di fanteria, una unità da combattimento agile ed agguerrita, come una Brigata votata alla conquista di posizioni sempre più avanzate di conoscenza il gruppo di chi legge queste note aumenta i propri effettivi e serra le proprie fila in vista di nuove marce e di nuove tappe. Il tempo e gli impegni non sempre mi consentono di dedicarmi a questo blog come vorrei, talvolta il volume dei post si dirada nei mesi, altre volte si concentrano in pochi giorni, ma tento comunque un aggiornamento costante, provo a ritagliarmi sempre uno spazio per scrivere. La recensione, o l'annuncio della pubblicazione, di nuovi testi inerenti di militaria o di storia militare è stata un tratto distintivo di questi primi trentasei mesi e sarà una costante anche in futuro, poiché gli strumenti di diffusione della conoscenza, e i libri in particolare, meritano la mia attenzione continua e l'attenzione dei miei lettori. Di cose ne sono cambiate molte dal marzo 2013 (sono cambiati due governi, i due Marò italiani prigionieri in India sono stati rilasciati, molti testimoni del tempo delle grandi battaglie non ci sono più) ma il mio spirito non è mutato, anzi, ora che mi sento investito dell'alta responsabilità del "comando" di una piccola Brigata, sono più convinto che mai della necessità di scrivere e raccontare la realtà militare. Avanti!    

venerdì 30 settembre 2016

Colonnello di Fanteria, 1942

Nel figurino è rappresentato un Colonnello di Fanteria Comandante di Reggimento così come poteva apparire a guerra inoltrata, intorno al 1942. L'ufficiale indossa una uniforme in cordellino grigioverde "adattata al tempo di guerra" secondo le disposizioni del giugno 1940, è basata su una giubba modello 33 alla quale è stato sostituito il colletto in velluto nero con un bavero in cordellino grigioverde e sono state rimosse le filettature rosse ai paramani. Anche i bottoni dorati sono stati tutti sostituiti da bottoni in frutto o in bachelite grigioverdi. I pantaloni sono rimasti del modello precedentemente in uso, con bande nere filettate del colore dell'arma di appartenenza, in questo caso il rosso della Fanteria. L'ufficiale indossa il berretto rigido, camicia e cravatta grigioverdi e gli stivaloni neri di cuoio. Il fregio ed i gradi al berretto ed i gradi ai paramani sono sottopannati di rosso, il che indica che il Colonnello detiene il comando di un reggimento, in questo caso l'80° Reggimento "Roma" della Divisione Pasubio, le cui mostrine di stoffa sono presenti sul colletto complete di stellette. Sul lato sinistro del petto sono presenti i nastrini delle decorazioni e sul primo bottone della giubba è presente il nastrino della Croce di Ferro Tedesca. 

L'illustrazione è ispirata al Colonnello Epifanio Chiaramonti, comandante del Reggimento "Roma" tra il 1941 ed il 1942. Nato nel 1893 a Ribera in provincia di Agirgento, era già stato ufficiale combattente durante la Prima Guerra Mondiale, in Russia fu energico comandante dell'80°, attorno al quale costituì la "Colonna Chiaramonti" in seno al CSIR, una specie di reparto d'assalto avanzato. Ferito gravemente ad un occhio fu rimpatriato nel 1942 e posto al comando della Scuola Allievi Ufficiali di Milano dislocata però a Cremona, l'8 settembre del '43 si oppose in armi ai tedeschi e riuscì a salvare i propri uomini dalla fucilazione, subendo però due anni di internamento tra Polonia e Germania. Era decorato del cavalierato dell'Ordine Militare d'Italia, conferitogli nel 1947, e di una Medaglia d'Argento ed una di Bronzo meritate per la campagna di Russia, oltre che della Croce di Ferro germanica. Si spense a Milano negli anni '70.

  

Fu lui il comandante che l'11 agosto 1941, durante la battaglia di Jasnaja Poljana nei pressi della foce del fiume Bug, ordinò ai propri uomini di aprire il fuoco sui reparti di cavalleria tedesca che, dopo il vittorioso esito della battaglia contro l'Armata Rossa, conquistato dal valore degli uomini della "Colonna Chiaramonti", tentarono di rubare l'onore della conquista a soldati italiani. Fu fermissimo anche nel rintuzzare i rimproveri di un generale tedesco per quell'episodio: 

« "Dovreste mandare i vostri mitraglieri a un corso d'addestramento" Disse spocchioso il tedesco. "Sparano male, ieri hanno messo sotto tiro la nostra cavalleria". "Non è stato un errore" Rispose Chiaromonti. "Sono stato io a ordinare il fuoco. I vostri soldati ci stavano tagliando la strada e io non tollero gli sgambetti." Il generale girò sui tacchi borbottando unglaubich!, incredibile! L'episodio di di Jasnaja Poljana fece certamente salire gli italiani nella considerazione dei tedeschi. »
(Arrigo Petacco, "L'armata scomparsa. L'avventura degli italiani in Russia", Oscar Storia Mondadori, pag. 22)

Illustrazione di Andrea Viotti
tratta da: A. Viotti "Uniformi e distintivi dell'Esercito Italiano nella Seconda Guerra Mondiale", USSME, Roma 1988

mercoledì 28 settembre 2016

Caporale di Fanteria, 1937


Il soldato nell'illustrazione, appaertenente al 7° Reggimento di Fanteria "Cuneo" indossa l'uniforme da truppa introdotta nel 1937, con lievi modifiche rispetto ai modelli precedenti. Essa si compone di giubba a collo aperto in panno grigioverde con bavero in panno di lana nero e paramani a punta, i pantaloni, del modello cosiddetto "corto" per armi a piedi, sono dello stesso tessuto ed infilati nelle fasce mollettiere. Il berretto è anch'esso in panno di lana grigioverde con visiera nera. Con questa giubba era previsto l'uso del cinturino di stoffa nella configurazione ordinaria, ma in questo caso il soldato indossa l'uniforme per servizi armati con cinturino in cuoio dipinto di grigioverde e fondina in cuoio naturale, l'arma è un revolver Bodeo 1889. Il figurino è rappresentato con la camicia in flanella grigioverde e la cravatta di lana nera. La giubba è chiusa da una fila centrale di bottoni in ottone lisci con fregio d'arma, la stessa tipologia di bottoni, ma di dimensioni ridotte, chiude le tasche e le controspalline, sul colletto sono presenti le mostrine rettangolari cremisi, tipiche del Reggimento "Cuneo", ornate dalle stellette di metallo liscio da truppa. I gradi da Caporale sono presenti in posizione omerale e sono filati in gallone rosso, proprio nel 1937 essi furono spostati sull'omero in dimensione ridotta, mentre in precedenza erano in gallone nero a forma di V rovesciata e posizionati sui paramani. L'uniforme è completata da un paio di scarponcini in cuoio dipinti di nero.

Illustrazione di Andrea Viotti
tratta da: A. Viotti "Uniformi e distintivi dell'Esercito Italiano nella Seconda Guerra Mondiale", USSME, Roma 1988

giovedì 30 giugno 2016

La maschera antigas modello "Harrison"



Lo sviluppo dei gas tossici risale ai primi anni del ’900 grazie ad una serie di scoperte chimiche di sintesi, tra i primi ad essere realizzati in laboratorio e ad essere prodotti per scopi bellici vi fu il cloro. Negli anni a ridosso della Grande Guerra fu sviluppato il Fosgene ed un gas vescicolante a base di cloro, il tiorere di cloroetano, che fu sperimentato per la prima volta sul campo di battaglia dai tedeschi nel 1915, in Belgio, a Yprés da cui trarrà il nome tristemente famoso di “iprite”. Già nei primi mesi del 1915 però i francesi avevano impiegato i gas lacrimogeni sul fronte occidentale, seguiti a ruota dai tedeschi e dagli austriaci che impiegarono il cloro ed altri gas asfissianti sia sul Monte San Michele nel giugno 1916 che a Plezzo nell’ottobre del 1917 durante lo sfondamento su Caporetto. Tutti gli eserciti si mossero quindi per trovare adeguate contromisure agli aggressivi chimici e proteggere i propri soldati, i primi esperimenti del 1915 consistevano in cuscinetti in tela imbottiti con filtri assorbenti a base di calce sodata o granuli di pomice, la loro efficacia era però limitata. Il primo modello di respiratore speciale munito di filtro e di lenti comparve nel 1917 in Inghilterra sulla base di un progetto del colonnello Edward Harrison, un chimico dell’esercito che perse la vita poco dopo durante un esperimento. Il respiratore inglese fu però riconosciuto di effettiva efficacia e fu adottato rapidamente da tutti gli eserciti della Triplice Intesa, compresa l’Italia che nei primi mesi del 1918 ne acquistò ingenti quantitativi. 


L'apparecchio consisteva in una maschera integrale in tela gommata provvista di due lenti a chiusura stagna, per facilitare la vista e nel contempo proteggere gli occhi, e di un tubo in gomma collegato ad un respiratore che terminava con un filtro in alluminio contenente la sostanza anti-aggredente, il tutto era trasportato in una tracolla in tela. In battaglia il gas era usato attraverso tubi di emissione ravvicinata oppure era diffuso tramite bombe da mortaio, l’obbiettivo era quello di stordire o indebolire i difensori delle trincee per poi favorire l’avanzata della fanteria, non di rado il gas provocava soltanto una parziale incoscienza dei soldati che poi venivano finiti a colpi di mazza ferrata e baionetta durante gli assalti. In tutta la Prima Guerra Mondiale si stimano circa 85.000 morti a causa dei gas ed oltre un milione di intossicati gravi.   

Edward Frank Harrison

venerdì 20 maggio 2016

Giulio Terzi: "I marò sono platealmente innocenti"


Ex Ministro degli esteri, Giulio Terzi, si dimise proprio a causa del suo dissenso con la posizione dell’allora governo Monti sul caso Marò. Oggi arriva la decisione della Corte dell'Aja che di fatto impone all'India di rimandare indietro Salvatore Girone, in attesa del processo. Che potrebbe anche svolgersi in Italia. Maria Laura Cruciani ne ha parlato con l'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata nel programma Roma Caffè, in onda su Teleradiopiu. Secondo il diplomatico italiano è evidente l'innocenza dei due militari, una innocenza che emerge anche dai documenti prodotti dalla stato indiano innanzi alla Corte Arbitrale Internazionale,l'ex ministro non manca di denunciare il disinteresse e l'ostinato basso profilo della autorità italiane, indicando la presenza di affari loschi che indeboliscono la posizione internazionale dell'Italia.

domenica 14 febbraio 2016

La storia delle Bande Militari


Sarà presentato a Napoli, nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino, il prossimo 18 febbraio, il libro "Le Bande Musicali Militari dall'Unità d'Italia alla prima metà del Novecento" della professoressa Enrica Donisi, musicologa e storica della musica.

L'opera, edita dall'ufficio storico dello Stato Maggiore della Difesa, ripercorre la lunga storia delle musiche militari in Italia dopo il periodo risorgimentale, rintracciando la comune origine e i molti punti di contatto tra le diverse tradizioni bandistiche. Completano il volume ampi elenchi cronologici delle formazioni musicali presso i vari reparti e note biografiche dei principali direttori di banda. Nella suggestiva cornice del Maschio Angioino, dalle ore 10.00, con il patrocinio del Comune di Napoli, discuteranno dell'opera con l'autrice il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, l'assessore al lavoro Angela Procaccini, la professoressa Giuliana Andreozzi della Federico II, il professor Michele Natale della Seconda Università di Napoli, il professor Agostino Ziino dell'Università di Roma-Tor Vergata, il professor Giuseppe Morante del Liceo Musicale di Cerreto Sannita. Saranno inoltre presenti autorità militari e delegazioni di varie scuole superiori della provincia di Napoli. 
Al termine della presentazione la Fanfara dei Carabinieri e la Fanfara Storica della Compagnia Reale dei Pompieri di Napoli eseguiranno alcuni brani particolarmente suggestivi.